mercoledì 1 luglio 2015

I "maestri del sospetto"


I “maestri del sospetto”

 

E’ Paul Ricoeur che in uno studio del 1965 (Dell’interpretazione. Saggio su Freud) definisce “maestri del sospetto” Marx, Freud e Nietzsche.

I tre autori, per tanti aspetti diversi, sono accomunati dal fatto che demoliscono la certezza cartesiana sulla coscienza come fondamento della verità (Cartesio, di fronte al dubbio  sulla possibilità di conoscere la realtà, aveva affermato, con il cogito ergo sum, l’esistenza di una sostanza pensante di cui non posso dubitare, attribuendo dunque al soggetto umano la responsabilità e la capacità di fondare la conoscenza).

Per Marx esiste una “falsa coscienza”, cioè una coscienza che, lungi dall’autodeterminarsi, è determinata dalla struttura economica (“non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza"). L’unica struttura reale sono i rapporti economici di potere e la coscienza (così come la morale) non è che una sovrastruttura condizionata da tali rapporti.

Nel caso di Freud si tratta della scoperta che al di sotto della coscienza (espressione dell’Io) esiste il sub-conscio, ovvero un livello oscuro in cui agiscono istinti inconfessabili (pulsioni sessuali e pulsioni distruttive, espressione dell’Es) e imperativi morali (espressione del Super-Io, a sua volta determinato dall’introiezione della figura paterna) e che determina i comportamenti più di quanto la coscienza non voglia e non creda.

Quanto a Nietzsche, la sua attenzione si appunta sulla natura della morale. Questa, presentata come un sistema di valori universale, è in realtà uno strumento di dominio. La morale tradizionale, identificata con la morale cristiana, è una morale degli “schiavi”, una conseguenza del “risentimento” dei deboli.

Questi, umiliati dall’esperienza dei forti (i “signori”, la cui morale invece privilegia i valori dell’individualismo e afferma la volontà di potenza) e non potendo ribaltare la realtà, si costruiscono una morale rovesciata e chiamano “male” ciò che è bene (forza, piacere) e “bene” ciò che è male (umiltà, rinuncia). Ne consegue un indebolimento (o de-naturamento) dell’uomo, che diventa così un più docile oggetto, sotto il controllo delle forze ideologico-sociali che hanno costruito tale sistema etico.  Ma la natura si vendica perché gli istinti naturali, repressi dalla morale, non potendo trovare libero sfogo all’esterno, si riversano nell’interiorità, si rivolgono contro l’uomo stesso, determinandone “la più grave e oscura malattia” (in questo, anticipava Freud).

Tutto ciò mette radicalmente in crisi l’idea fondamentale del positivismo, secondo cui esistono categorie universali del pensiero a garanzia della conoscibilità del reale. Si scopre invece che il pensiero del soggetto pensante è condizionato (e quindi falsificato) dai rapporti di potere (Marx), dalla repressione degli istinti (Freud), dall’imposizione-accettazione dell’etica della rinuncia (Nietzsche).


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