domenica 12 luglio 2015

Il Caffè e la caffetteria


Il Caffè come spazio della cultura illuminista
 

A. FONTANA, J.L. FOURNEL, Piazza, Corte, Salotto, Caffè,
in Letteratura italiana, vol. 5, Einaudi 1986, pp. 671-686.

 
Il periodico Il Caffè (esce ogni dieci giorni fra il 1764 e il 1766) ha come modello i periodici inglesi di Addison e Steele, The Spectator  e The Tatler  (il chiacchierone), e deve il suo nome al fatto che si presenta come punto di raccolta delle discussioni tenute presso il caffè gestito dal greco Demetrio.

Il caffè appare dunque come il nuovo luogo dove, in età illuminista, si produce cultura. Adempie a quella funzione che nel Medioevo era stata della piazza (sede di cerimonie religiose, cosiccome di attività politica ed economica), nel Rinascimento della corte (dove si elaborano i modelli ideali di quella società), nel primo Settecento del salotto (spazio chiuso, con al centro una figura femminile; nel salotto di Cristina di Svezia sorge l’Arcadia).

Il caffè (la caffetteria, il luogo dove si serve la bevanda, che arriva in Europa nella prima metà del Seicento dall’Arabia e dalla Turchia; ad essa vengono attribuite virtù salutari: favorisce la riflessione e la chiarezza di idee) è uno spazio aperto e pubblico (a differenza della corte e del salotto, spazi chiusi e privati), luogo di incontro e di discussione: quindi luogo privilegiato per gli intellettuali illuministi[1], che di tutti i problemi (sociali, politici, culturali) vogliono discutere e a un pubblico ampio, non specialistico, vogliono rivolgersi. Il caffè è una “manifattura dello spirito”[2], dove il sapere circola secondo la logica del “flusso e riflusso” (le idee scaturiscono dallo scambio di notizie, da un continuo movimento fra interno ed esterno, caffè e mondo); non è un archivio del sapere, al modo del sapere istituzionalizzato della corte e dell’Accademia, ma una fabbrica di opinioni (che si avvale della testimonianza diretta degli avventori) su ogni argomento di interesse sociale e culturale (e tale vuole essere la funzione delle gazzette e dei periodici).

  



[1]Montesquieu nelle Lettere persiane fa dire a Usbek (ipotetico viaggiatore persiano in Europa) che a Parigi c'è una bottega dove si prepara un caffè "che dà nello spirito a chi ne fa uso". Qualcosa di analogo dice Gaspare Gozzi nell'Osservatore veneto, e Goldoni dedicherà una delle sue più note commedie a La bottega del caffè.
[2]Diderot e D'Alembert nell'Enciclopedia: "I caffè sono anche manifatture dello spirito, sia buone che cattive".

Nessun commento:

Posta un commento