domenica 5 luglio 2015

Caratteri del romanticismo


Sul romanticismo

  

M. PUPPO, Il romanticismo,
Ed. Studium 1975, pp. 11-48.

 
1) Se ne parla dal punto di vista letterario (come reazione alla tradizione classicista che risale al Rinascimento)[1]; dal punto di vista filosofico (come reazione all’illuminismo: idealismo); dal punto di vista etnico-nazionalistico (rivolta dello spirito germanico contro lo spirito latino). Quanto al modo di intenderlo, c’è chi lo ritiene una categoria dello spirito (Croce: romanticismo è il momento passionale di ogni opera d’arte, laddove il classicismo è il momento formale: la vera arte è sintesi dei due momenti, e quindi reperibile in qualsiasi epoca); e c'è chi lo ritiene un momento storico (e in tal caso, c’è chi lo restringe al movimento culturale che si richiama a questo nome nella 1ª metà del 1800, e chi, come M. Praz, lo collega a un mutamento della sensibilità avvenuto alla fine del 1700 e vivo ancor oggi).

2) Certo, non si può non partire dalla crisi dell’illuminismo: se è la rivoluzione francese la realizzazione pratica delle promesse della ragione illuminista, essa, col suo bagno di sangue e con la sua appendice napoleonica, non può che apparire un fallimento; e del resto, questa sfrenata esaltazione della ragione lascia dei vuoti, non  soddisfa dei bisogni (di tipo metafisico, religioso) che pure persistono (vedi Foscolo: bisogni di tipo sentimentale). D’altra parte, già all’interno dell’illuminismo nascono le tendenze anti-illuministiche: in tal senso va vista la valorizzazione del sentimento e dello stato di natura in Rousseau: non potenziando la ragione, ma tornando verso il mondo degli impulsi primitivi (dei sentimenti naturali) si trova la felicità (e del resto in Rousseau si trova anche la valorizzazione dell’amore come sublime passione che nega e supera ogni razionalità; cosiccome il gusto della confessione, ovvero della considerazione privilegiata del proprio io)[2].

3) Dal punto di vista filosofico, se Kant aveva ancora mantenuto una barriera invalicabile fra soggetto e oggetto (oltre il fenomeno c’è pur sempre il noumeno), con l’idealismo l’oggetto non è più sentito estraneo al soggetto, ma partecipe della stessa natura spirituale (Fichte: l’io è spirito invisibile, la Natura è spirito visibile)[3]. Proprio l’idea di Fichte di un distacco iniziale della natura dallo spirito, del non-io dall’io (distacco che deve essere colmato riconoscendo nella natura non una realtà estranea, ma un prodotto dello spirito stesso) corrisponde allo stato d’animo romantico che sente, malinconicamente, la perdita dell’armonia originaria, a seguito della frattura fra materia e spirito, finito e infinito, realtà e desiderio.

4) Il sentimento è l’entità evocata per recuperare questa armonia; ma di sentimento si può parlare in due modi: alla “latina” (che sarebbe il modo di Rousseau,  ma anche dello Sturm und Drang: sentimento come passione, istinto primitivo e selvaggio, non controllato dalla ragione, proprio di quella Naturpoesie che Herder esalta, distinguendola dalla Kunstpoesie); e alla “tedesca” (che sarebbe il modo di Schiller, che distingue fra poesia ingenua e poesia sentimentale: la prima nasce da un contatto immediato e spontaneo con la natura, mentre la seconda cerca di ritrovare quella perduta armonia per mezzo della cultura e della riflessione; quindi è un sentimento che non prescinde dalla filosofia, anzi la implica; del resto, come dice Novalis, “il pensiero è soltanto un sogno del sentimento"; su questa linea sarà il “latino” Leopardi).

5) Ma l’armonia è in definitiva sempre irraggiungibile: di qui la Sehnsucht, o “aspirazione struggente” (si oppone a Stille, o “serenità, quiete”); di qui l’evasione verso altri mondi, del passato (il medioevo per Novalis, come per Brentano e Von Arnim, che raccolgono favole o canti della tradizione medievale germanica) o lontani, esotici (René di Chateaubriand se ne va fra la natura vergine dell’America del Nord; Hölderlin evoca l’Ellade antica).

6) Nuova la concezione della natura: non più quel meccanismo retto da leggi immutabili, estraneo alla vita dell’uomo, prospettato dalla scienza galileiana; ma organismo vivente con cui lo spirito dell’uomo è in continua comunione, di più, in cui riconosce se stesso (c’è una sorta di religiosità panteistica in tutto ciò): secondo Novalis, colui che sollevò il velo della dea di Sais (simbolo della natura) “vide, miracolo del miracolo, se stesso [4].

7) L’arte, quindi, sia viene sentita come il modo per risolvere le antinomie, per ristabilire quell’armonia col cosmo cui “struggentemente” si “aspira”, per realizzare quella libertà che il mondo reale continuamente nega; sia viene ritenuta lo strumento conoscitivo per eccellenza (in opposizione alla scienza sperimentale), che consente di attingere l’assoluto (per la via mistico-intuitiva che solo all’artista è concessa).

8) Un tema centrale è quello dell’amore: in quanto esperienza irrazionale, fortemente sentimentale, evoca un mondo diverso, di unione mistica col tutto, aspira a superare i limiti che necessariamente il reale pone: e quindi aspira a realizzarsi nella morte.



[1]E’ un’affermazione di libertà espressiva, contro le regole classiche (siano esse quelle pseudo-aristoteliche del dramma, sia l’uso della mitologia in poesia, o siano gli schemi metrici convenzionali).
[2]E’ un atteggiamento che va nel senso di quell’individualismo (esasperato fino al titanismo: si pensi ad Alfieri) tipicamente romantico.
[3]Si può dire che, se per Kant l’io è il legislatore della realtà, per l’idealismo l’io ne è il creatore: la realtà è idea, idea pensata; conoscere è quindi creare (la cosa può sembrare strana, perché nell’atto della conoscenza si ha la coscienza di essere passivi, e non “creatori”; ma si dice che la “creazione”, inconscia nei singoli, è attuata dall’io universale, lo Spirito, la mente unica, che pensa attraverso i singoli).
[4]“Er sah, Wunder des Wunders, sich selbst”: così ne I discepoli di Sais (romanzo che narra come nella leggendaria scuola egiziana di Sais si cercasse di scoprire il segreto della natura, che secondo il mito doveva celarsi dietro il velo della dea di Sais).

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