Argante e Solimano all’ultimo duello
Canto XIX, 7-10
I crociati sono entrati in Gerusalemme. Il pagano Argante resiste impavido, Tancredi lo riconosce e lo sfida a duello.
7 Grande è il zelo d'onor, grande il desire
che Tancredi del sangue ha del pagano,
né la sete ammorzar crede de l'ire
se n'esce stilla fuor per l'altrui mano
e con lo scudo il copre, e: - Non ferire
grida a quanti rincontra anco lontano;
sì che salvo il nimico infra gli amici
tragge da l'arme irate e vincitrici.
8 Escon de la cittade e dan le spalle
a i padiglion de le accampate genti,
e se ne van dove un girevol calle
li porta per secreti avolgimenti;
e ritrovano ombrosa angusta valle
tra più colli giacer, non altrimenti
che se fosse un teatro o fosse ad uso
di battaglie e di caccie intorno chiuso.
9 Qui si fermano entrambi, e pur sospeso
volgeasi Argante a la cittade afflitta.
Vede Tancredi che 'l pagan difeso
non è di scudo, e 'l suo lontano ei gitta.
Poscia lui dice: - Or qual pensier t'ha preso?
pensi ch'è giunta l'ora a te prescritta?
S'antivedendo ciò timido stai,
è 'l tuo timore intempestivo omai. -
10 - Penso - risponde - a la città del regno
di Giudea antichissima regina,
che vinta or cade, e indarno esser sostegno
io procurai de la fatal ruina,
e ch'è poca vendetta al mio disdegno
il capo tuo che 'l Cielo or mi destina. -
Tacque, e incontra si van con gran risguardo,
ché ben conosce l'un l'altro gagliardo.
Canto XX, 73-75, 104-108
Dalla torre di Davide, dove Aladino a Solimano si sono ritirati per un’ultima resistenza, Solimano osserva la battaglia che si svolge per le strade, quindi decide di gettarsi nella mischia e di affrontare il suo destino. Uccide molti nemici, finché incontra Rinaldo che ha appena abbattuto, con un colpo tremendo, il pagano Adrasto.
73 Or mentre in guisa tal fera tenzone
è tra 'l fedel essercito e 'l pagano,
salse in cima a la torre ad un balcone
e mirò, benché lunge, il fer Soldano;
mirò, quasi in teatro od in agone,
l'aspra tragedia de lo stato umano:
i vari assalti e 'l fero orror di morte
e i gran giochi del caso e de la sorte.
74 Stette attonito alquanto e stupefatto
a quelle prime viste; e poi s'accese,
e desiò trovarsi anch'egli in atto
nel periglioso campo a l'alte imprese.
Né pose indugio al suo desir, ma ratto
d'elmo s'armò, ch'aveva ogn'altro arnese:
- Su su, - gridò - non più, non più dimora:
convien ch'oggi si vinca o che si mora. -
75 O che sia forse il proveder divino
che spira in lui la furiosa mente,
perché quel giorno sian del palestino
imperio le reliquie in tutto spente;
o che sia ch'a la morte omai vicino
d'andarle incontra stimolar si sente,
impetuoso e rapido disserra
la porta, e porta inaspettata guerra.
(…………………………………….)
104 Lo stupor, di spavento e d'orror misto,
il sangue e i cori a i circostanti agghiaccia,
e Soliman, ch'estranio colpo ha visto,
nel cor si turba e impallidisce in faccia,
e chiaramente il suo morir previsto,
non si risolve e non sa quel che faccia;
cosa insolita in lui, ma che non regge
de gli affari qua giù l'eterna legge?
105 Come vede talor torbidi sogni
ne' brevi sonni suoi l'egro o l'insano,
pargli ch'al corso avidamente agogni
stender le membra, e che s'affanni invano,
ché ne' maggiori sforzi a' suoi bisogni
non corrisponde il piè stanco e la mano,
scioglier talor la lingua e parlar vòle,
ma non seguon la voce o le parole;
106 così allora il Soldan vorria rapire
pur se stesso a l'assalto e se ne sforza,
ma non conosce in sé le solite ire,
né sé conosce a la scemata forza.
Quante scintille in lui sorgon d'ardire,
tante un secreto suo terror n'ammorza:
volgonsi nel suo cor diversi sensi,
non che fuggir, non che ritrarsi pensi.
107 Giunge all'irresoluto il vincitore,
e in arrivando (o che gli pare) avanza
e di velocitade e di furore
e di grandezza ogni mortal sembianza.
Poco ripugna quel; pur mentre more,
già non oblia la generosa usanza:
non fugge i colpi e gemito non spande,
né atto fa se non se altero e grande.
108 Poi che 'l Soldan, che spesso in lunga guerra
quasi novello Anteo cadde e risorse
più fero ognora, al fin calcò la terra
per giacer sempre, intorno il suon ne corse;
e Fortuna, che varia e instabil erra,
più non osò por la vittoria in forse,
ma fermò i giri, e sotto i duci stessi
s'unì co' Franchi e militò con essi.
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