lunedì 16 novembre 2015

Machiavelli: Agatocle o la vera "virtù"

Cap.VIII  - DE HIS QUI PER SCELERA AD PRINCIPATUM PERVENERE.
 
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2        Agatocle siciliano, non solo di privata ma d'infima e abietta fortuna, divenne re di Siracusa. Costui, nato di uno figulo, tenne sempre, per li gradi della sua età, vita scelerata: nondimanco accompagnò le sua sceleratezze con tanta virtù di animo e di corpo che, voltosi alla milizia, per li gradi di quella pervenne a essere pretore di Siracusa. Nel qual grado sendo constituito, e avendo deliberato diventare principe e tenere con violenzia e sanza obligo di altri quello che d'accordo gli era suto concesso, e avuto di questo suo disegno intelligenzia con Amilcare cartaginese, - il quale con li eserciti militava in Sicilia, - ragunò una mattina il populo e il senato di Siracusa, come se egli avessi avuto a deliberare cose pertinenti alla repubblica. E a uno cenno ordinato fece da' sua soldati uccidere tutti e' senatori ed e' più ricchi del populo; e' quali morti, occupò e tenne il principato di quella città sanza alcuna controversia civile. E, benché da' Cartaginesi fussi dua volte rotto e demum assediato, non solo possé difendere la sua città, ma, lasciato parte delle sue gente alla defesa della ossidione, con le altre assaltò l'Affrica e in breve tempo liberò Siracusa da lo assedio e condusse e' Cartaginesi in estrema necessità; e furno necessitati accordarsi con quello, essere contenti della possessione della Affrica, e ad Agatocle lasciare la Sicilia.
3         Chi considerassi adunque le azioni e vita di costui, non vedrà cose, o poche, le quali possa attribuire alla fortuna, con ciò sia cosa, come di sopra è detto, che non per favore di alcuno, ma per li gradi della milizia, e' quali con mille disagi e periculi si aveva guadagnati, pervenissi al principato, e quello di poi con tanti partiti animosi e periculosissimi mantenessi. Non si può ancora chiamare virtù ammazzare e' suoi cittadini, tradire gli amici, essere sanza fede, sanza piatà, sanza religione: e' quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria. Perché, se si considerassi la virtù di Agatocle nello entrare e nello uscire de' pericoli e la grandezza dello animo suo nel sopportare e superare le cose avverse, non si vede perché egli abbia a essere iudicato inferiore a qualunque eccellentissimo capitano: nondimanco la sua efferata crudeltà e inumanità con infinite sceleratezze non consentono ch'e' sia in fra gli eccellentissimi uomini celebrato. Non si può adunque attribuire alla fortuna o alla virtù quello che sanza l'una e l'altra fu da lui conseguito. (….)
6         Potrebbe alcuno dubitare donde nascessi che Agatocle e alcuno simile, dopo infiniti tradimenti e crudeltà, possé vivere lungamente sicuro nella sua patria e difendersi da li inimici esterni, e da' suoi cittadini non gli fu mai conspirato contro: con ciò sia che molti altri mediante la crudeltà non abbino, etiam ne' tempi pacifici, potuto mantenere lo stato, non che ne' tempi dubiosi di guerra. Credo che questo avvenga da le crudeltà male usate o bene usate. Bene usate si possono chiamare quelle, - se del male è lecito dire bene, - che si fanno a uno tratto per la necessità dello assicurarsi: e di poi non vi si insiste dentro, ma si convertono in più utilità de' sudditi che si può. Male usate sono quelle le quali, ancora che nel principio sieno poche, più tosto col tempo crescono che le si spenghino. Coloro che osservono el primo modo, possono con Dio e con li uomini avere allo stato loro qualche rimedio, come ebbe Agatocle; quegli altri è impossibile si mantenghino.
7         Onde è da notare che, nel pigliare uno stato, debbe lo occupatore d'esso discorrere tutte quelle offese che gli è necessario fare, e tutte farle a uno tratto, per non le avere a rinnovare ogni dì e potere, non le innovando, assicurare li uomini e guadagnarseli con benificarli. Chi fa altrimenti, o per timidità o per mal consiglio, è sempre necessitato tenere il coltello in mano; né mai può fondarsi sopra e' sua sudditi, non si potendo quegli, per le fresche e continue iniurie, mai assicurare di lui. Per che le iniurie si debbono fare tutte insieme, acciò che, assaporandosi meno, offendino meno; e' benifizi si debbono fare a poco a poco, acciò si assaporino meglio. E debbe soprattutto uno principe vivere in modo, con e' suoi sudditi, che veruno accidente o di male o di bene lo abbia a fare variare: perché, venendo per li tempi avversi le necessità, tu non se' a tempo al male, e il bene che tu fai non ti giova, perché è iudicato forzato, e non te n’è saputo grado alcuno.

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