X
E’ un’ invettiva contro Mevio, un poetastro, detrattore di Virgilio. Costui sta per partire per la Grecia e Orazio gli augura di fare naufragio. L’epòdo è dunque il contrario di un propempticon, il componimento con cui si augurava buon viaggio a chi si accingeva a partire (come quello che Orazio dedica a Virgilio in Carm. I, 3)
Mala soluta navis exit alite
ferens olentem Mevium.
ut horridis utrumque verberes latus,
Auster, memento fluctibus;
niger rudentis Eurus inverso mari
fractosque remos differat;
insurgat Aquilo, quantus altis montibus
frangit trementis ilices;
nec sidus atra nocte amicum adpareat,
qua tristis Orion cadit;
quietiore nec feratur aequore
quam Graia victorum manus,
cum Pallas usto vertit iram ab Ilio
in inpiam Aiacis ratem.
o quantus instat navitis sudor tuis
tibique pallor luteus
et illa non virilis heiulatio
preces et aversum ad Iovem,
Ionius udo cum remugiens sinus
Noto carinam ruperit
opima quodsi praeda curvo litore
porrecta mergos iuverit,
libidinosus immolabitur caper
et agna Tempestatibus.
ferens olentem Mevium.
ut horridis utrumque verberes latus,
Auster, memento fluctibus;
niger rudentis Eurus inverso mari
fractosque remos differat;
insurgat Aquilo, quantus altis montibus
frangit trementis ilices;
nec sidus atra nocte amicum adpareat,
qua tristis Orion cadit;
quietiore nec feratur aequore
quam Graia victorum manus,
cum Pallas usto vertit iram ab Ilio
in inpiam Aiacis ratem.
o quantus instat navitis sudor tuis
tibique pallor luteus
et illa non virilis heiulatio
preces et aversum ad Iovem,
Ionius udo cum remugiens sinus
Noto carinam ruperit
opima quodsi praeda curvo litore
porrecta mergos iuverit,
libidinosus immolabitur caper
et agna Tempestatibus.
XIV
Mecenate assilla Orazio perchè pubblichi i giambi che gli aveva chiesto. Orazio gli risponde che non è il momento: in questo momento la testa è altrove.
Mollis inertia cur tantam diffuderit imis
oblivionem sensibus,
pocula Lethaeos ut si ducentia somnos
arente fauce traxerim,
candide Maecenas, occidis saepe rogando:
deus, deus nam me vetat
inceptos, olim promissum carmen, iambos
ad umbilicum adducere.
non aliter Samio dicunt arsisse Bathyllo
Anacreonta Teium,
qui persaepe cava testudine flevit amorem
non elaboratum ad pedem.
ureris ipse miser: quodsi non pulcrior ignis
accendit obsessam Ilion,
gaude sorte tua; me libertina, nec uno
contenta, Phryne macerat.
oblivionem sensibus,
pocula Lethaeos ut si ducentia somnos
arente fauce traxerim,
candide Maecenas, occidis saepe rogando:
deus, deus nam me vetat
inceptos, olim promissum carmen, iambos
ad umbilicum adducere.
non aliter Samio dicunt arsisse Bathyllo
Anacreonta Teium,
qui persaepe cava testudine flevit amorem
non elaboratum ad pedem.
ureris ipse miser: quodsi non pulcrior ignis
accendit obsessam Ilion,
gaude sorte tua; me libertina, nec uno
contenta, Phryne macerat.
X
Sciolti gli ormeggi, con funesti auspici salpa
la nave del fetente Mevio:
scatenando i marosi, ricordati di flagellargli i fianchi,
Austro. E il tenebroso Euro nel mare sconvolto
disperda remi infranti e gomene;
sorga Aquilone col nerbo che in cima ai monti
scuote e sradica i lecci;
e nella notte fosca in cui cupo declina Orione
non gli appaia una stella amica.
Né vada per acque piú tranquille del mare
ch'ebbero i greci vittoriosi,
quando Pallade l'ira sua da Troia in fiamme
volse contro l'empia nave d'Aiace.
Oh, quanto sudore attende i tuoi marinai
e come giallo sarà il tuo pallore,
quanti i piagnistei indegni d'uomo, quante le preghiere
che Giove non udrà,
quando, muggendo all'umido vento del sud,
lo Ionio ti frantumerà la chiglia!
Se grassa preda, lunga distesa sul lido,
sarà data in pasto agli smerghi (1),
alle Tempeste immolerò un'agnella
e un caprone lascivo.
XIV
Mecenate, amico sincero, mi togli la vita quando mi assilli e mi chiedi il perché una molle inerzia mi abbia diffuso nel fondo dei sensi tanto oblio, come se avessi ingollato con fauci riarse bicchieri che inducono ai sonni del Lete.
E' un dio. Un dio mi impedisce di finire i giambi che avevo cominciato, le poesie un tempo promesse. Non diversamente, dicono, per Batillo di Samo (1) arse Anacreonte di Teo, che molto spesso pianse l'amore, improvvisando i versi, sul guscio cavo della lira.
Tu stesso bruci, poveraccio. E se è vero che la fiamma che fece bruciare Troia assediata non era più bella, godi della tua sorte. Me, mi logora la liberta Frine, cui non basta un amante solo.
E' un dio. Un dio mi impedisce di finire i giambi che avevo cominciato, le poesie un tempo promesse. Non diversamente, dicono, per Batillo di Samo (1) arse Anacreonte di Teo, che molto spesso pianse l'amore, improvvisando i versi, sul guscio cavo della lira.
Tu stesso bruci, poveraccio. E se è vero che la fiamma che fece bruciare Troia assediata non era più bella, godi della tua sorte. Me, mi logora la liberta Frine, cui non basta un amante solo.
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