L’ideale della vita tranquilla (dalla Satira III)
28 So ben che dal parer dei più mi tolgo,
29 che 'l stare in corte stimano grandezza,
30 ch'io pel contrario a servitù rivolgo.
31 Stiaci volentier dunque chi la apprezza;
32 fuor n'uscirò ben io, s'un dì il figliuolo
33 di Maia vorrà usarmi gentilezza.
34 Non si adatta una sella o un basto solo
35 ad ogni dosso; ad un non par che l'abbia,
36 all'altro stringe e preme e gli dà duolo.
37 Mal può durar il rosignuolo in gabbia,
38 più vi sta il gardelino, e più il fanello;
39 la rondine in un dì vi mor di rabbia.
40 Chi brama onor di sprone o di capello,
41 serva re, duca, cardinale o papa;
42 io no, che poco curo questo e quello.
43 In casa mia mi sa meglio una rapa
44 ch'io cuoca, e cotta s'un stecco me inforco,
45 e mondo, e spargo poi di acetto e sapa,
46 che all'altrui mensa tordo, starna o porco
47 selvaggio; e così sotto una vil coltre,
48 come di seta o d'oro, ben mi corco.
49 E più mi piace di posar le poltre
50 membra, che di vantarle che alli Sciti
51 sien state, agli Indi, alli Etiopi, et oltre.
52 Degli uomini son varii li appetiti:
53 a chi piace la chierca, a chi la spada,
54 a chi la patria, a chi li strani liti.
55 Chi vuole andare a torno, a torno vada:
56 vegga Inghelterra, Ongheria, Francia e Spagna;
57 a me piace abitar la mia contrada.
58 Visto ho Toscana, Lombardia, Romagna,
59 quel monte che divide e quel che serra
60 Italia, e un mare e l'altro che la bagna.
61 Questo mi basta; il resto de la terra,
62 senza mai pagar l'oste, andrò cercando
63 con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra;
64 e tutto il mar, senza far voti quando
65 lampeggi il ciel, sicuro in su le carte
66 verrò, più che sui legni, volteggiando.
Gli uomini e la luna (dalla Satira III)
208 Nel tempo ch'era nuovo il mondo ancora
209 e che inesperta era la gente prima
210 e non eran l'astuzie che sono ora,
211 a piè d'un alto monte, la cui cima
212 parea toccassi il cielo, un popul, quale
213 non so mostrar, vivea ne la val ima;
214 che più volte osservando la inequale
215 luna, or con corna or senza, or piena or scema,
216 girar il cielo al corso naturale;
217 e credendo poter da la suprema
218 parte del monte giungervi, e vederla
219 come si accresca e come in sé si prema;
220 chi con canestro e chi con sacco per la
221 montagna cominciar correr in su,
222 ingordi tutti a gara di volerla.
223 Vedendo poi non esser giunti più
224 vicini a lei, cadeano a terra lassi,
225 bramando in van d'esser rimasi giù.
226 Quei ch'alti li vedean dai poggi bassi,
227 credendo che toccassero la luna,
228 dietro venian con frettolosi passi.
229 Questo monte è la ruota di Fortuna,
230 ne la cui cima il volgo ignaro pensa
231 ch'ogni quiete sia, né ve n'è alcuna.
232 Se ne l'onor si trova o ne la immensa
233 ricchezza il contentarsi, i' loderei
234 non aver, se non qui, la voglia intensa;
235 ma se vediamo i papi e i re, che dèi
236 stimiamo in terra, star sempre in travaglio,
237 che sia contento in lor dir non potrei.
Nessun commento:
Posta un commento