mercoledì 9 dicembre 2015

Esempi di lirica barocca

 
Donna che si pettina  di Giambattista Marino
 
Onde dorate, e l'onde eran capelli,
navicella d'avorio un dì fendea;
una man pur d'avorio la reggea
per questi errori preziosi e quelli;

E mentre i flutti tremolanti e belli
con drittissimo solco dividea,
l'or de le rotte fila Amor cogliea,
per formarne catene a’ suoi rubelli.

Per l'aureo mar, che rincrespando apria
il procelloso suo biondo tesoro,
agitato il mio core a morte gìa.

Ricco naufragio, in cui sommerso i’ moro,
poich'almen fur ne la tempesta mia
di diamante lo scoglio e 'l golfo d'oro.
 
Bella schiava di Giambattista Marino
 
Nera sì, ma se’ bella, o di Natura
fra le belle d’Amor leggiadro mostro.
Fosca è l’alba appo te, perde e s’oscura
presso l’ebeno tuo l’avorio e l’ostro.
 
Or quando, or dove il mondo antico o il nostro
vide sì viva mai, sentì sì pura,
o luce uscir di tenebroso inchiostro,
o di spento carbon nascere arsura?

Servo di chi m’è serva, ecco ch’avolto
porto di bruno laccio il core intorno,
che per candida man non fia mai sciolto.
 
Là ’ve più ardi, o sol, sol per tuo scorno
un sole è nato, un sol che nel bel volto
porta la notte, et ha negli occhi il giorno.
 
La bella zoppa  di Giovan Leone Sempronio
 
Move zoppa gentil piede ineguale,
cui ogn’altra è ineguale in esser bella;
e così zoppa ancor del dio che ha l’ale
sa le alate fuggir auree quadrella.
 
Tal forse era Euridice, e forse tale
era Venere a l’hor che a questa e a quella
morse il candido pie’ serpe mortale,
punse il candido pie’ spina ribella.
 
Consolisi Vulcan; ché se talora
mosse il suo zoppicar Venere a riso,
oggi sa zoppicar Venere ancora.
 
E certo questa dea, se il ver m’avviso,
solo il tenero pie’ si torse a l’ora
ch’ella precipitò dal paradiso.
 
Per i pidocchi della sua donna (o Bella pidocchiosa)  di Anton Maria Narducci
 
Sembran fere d’avorio in bosco d’oro
le fere erranti onde sì ricca siete;
anzi, gemme son pur che voi scotete
da l’aureo del bel crin natio tesoro;
 
o pure, intenti a nobile lavoro,
così cangiati gli Amoretti avete,
perché tessano al cor la bella rete
con l’auree fila ond’io beato moro.
 
O fra bei rami d’or volanti Amori,
gemme nate d’un crin fra l’onde aurate,
fere pasciute di nettarei umori;
 
deh, s’avete desio d’eterni onori,
esser preda talor non isdegnate
di quella preda onde son preda i cori!
 
Maria Maddalena alla croce  di Giuseppe Artale
 
(…………………………………..)
Chè ‘l crin se è un Tago e son due soli i lumi,
prodigio tal non rimirò natura
bagnar coi soli e rasciugar coi fiumi.
 
L’orologio da rote di  Ciro di Pers
 
 Nobile ordigno di dentate rote
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note
a chi legger le sa: Sempre si more.

Mentre il metallo concavo percuote,
voce funesta mi risuona al core;
né del fato spiegar meglio si puote
che con voce di bronzo il rio tenore.

Perch’io non speri mai riposo o pace,
questo, che sembra in un timpano e tromba,
mi sfida ognor contro all’età vorace.

E con que’ colpi onde ’l metal rimbomba,
affretta il corso al secolo fugace,
e perché s’apra, ognor picchia alla tomba.
 
Orologio da polvere di  Ciro di Pers
 
Poca polve inquieta, a l'onda, ai venti
tolta nel lido e 'n vetro imprigionata,
de la vita il cammin, breve giornata,
vai misurando ai miseri viventi.
 
Orologio molesto, in muti accenti
mi conti i danni de l'età passata,
e de la Morte pallida e gelata
numeri i passi taciti e non lenti.
 
Io non ho da lasciar porpora ed oro:
sol di travagli nel morir mi privo;
finirà con la vita il mio martoro.
 
Io so ben che 'l mio spirto è fuggitivo,
che sarò come tu, polve, s'io mòro,
e che son come tu, vetro, s'io vivo.

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