martedì 1 dicembre 2015

Ovidio: tecniche della conquista amorosa

dall’ Ars amatoria (libro I)
 
Hactenus, unde legas quod ames, ubi retia ponas,
     Praecipit imparibus vecta Thalea rotis.
Nunc tibi, quae placuit, quas sit capienda per artes,             265
     Dicere praecipuae molior artis opus.
Quisquis ubique, viri, dociles advertite mentes,
     Pollicitisque favens, vulgus, adeste meis.
Prima tuae menti veniat fiducia, cunctas
     Posse capi; capies, tu modo tende plagas.               270
Vere prius volucres taceant, aestate cicadae,
     Maenalius lepori det sua terga canis,
Femina quam iuveni blande temptata repugnet:
     Haec quoque, quam poteris credere nolle, volet.
Utque viro furtiva venus, sic grata puellae:               275
     Vir male dissimulat: tectius illa cupit.
Conveniat maribus, nequam nos ante rogemus,
     Femina iam partes victa rogantis agat.
Mollibus in pratis admugit femina tauro:
     Femina cornipedi semper adhinnit equo.               280
Parcior in nobis nec tam furiosa libido:
     Legitimum finem flamma virilis habet.
Byblida quid referam, vetito quae fratris amore
     Arsit et est laqueo fortiter ulta nefas?
Myrrha patrem, sed non qua filia debet, amavit,               285
     Et nunc obducto cortice pressa latet:
Illius lacrimis, quas arbore fundit odora,
     Unguimur, et dominae nomina gutta tenet.
 
 
Est tibi agendus amans, imitandaque vulnera verbis;   611
     Haec tibi quaeratur qualibet arte fides.
Nec credi labor est: sibi quaeque videtur amanda;
     Pessima sit, nulli non sua forma placet (….)      614
Nec timide promitte: trahunt promissa puellas;       631
     Pollicito testes quoslibet adde deos.
Iuppiter ex alto periuria ridet amantum,
     Et iubet Aeolios inrita ferre notos.
Per Styga Iunoni falsum iurare solebat               635
     Iuppiter; exemplo nunc favet ipse suo.
Expedit esse deos, et, ut expedit, esse putemus;
     Dentur in antiquos tura merumque focos;
Nec secura quies illos similisque sopori
     Detinet; innocue vivite: numen adest;               640
Reddite depositum; pietas sua foedera servet:
     Fraus absit; vacuas caedis habete manus.
Ludite, si sapitis, solas impune puellas:
     Hac minus est una fraude tuenda fides.
Fallite fallentes: ex magna parte profanum               645
     Sunt genus: in laqueos quos posuere, cadant.
 
 
Et lacrimae prosunt: lacrimis adamanta movebis:
     Fac madidas videat, si potes, illa genas.               
660
Si lacrimae (neque enim veniunt in tempore semper)
     Deficient, uda lumina tange manu.
Quis sapiens blandis non misceat oscula verbis?
     Illa licet non det, non data sume tamen.
Pugnabit primo fortassis, et 'improbe' dicet:               665
     Pugnando vinci se tamen illa volet.
Tantum ne noceant teneris male rapta labellis,
     Neve queri possit dura fuisse, cave.
Oscula qui sumpsit, si non et cetera sumet,
     Haec quoque, quae data sunt, perdere dignus erit.        670
Quantum defuerat pleno post oscula voto?
     Ei mihi, rusticitas, non pudor ille fuit.
Vim licet appelles: grata est vis ista puellis:
     Quod iuvat, invitae saepe dedisse volunt.
Quaecumque est veneris subita violata rapina,               675
     Gaudet, et inprobitas muneris instar habet.
At quae cum posset cogi, non tacta recessit,
     Ut simulet vultu gaudia, tristis erit.
Vim passa est Phoebe: vis est allata sorori;
     Et gratus raptae raptor uterque fuit.               680
 
 
Traduzione
 
Fin qui Talia (1), portata da ruote ineguali (2), ti insegna donde tu scelga la donna da amare, e dove hai da gettare le tue reti. Ora m'accingo a dirti con quali tecniche tu prenderai colei che più ti piacque: impresa questa più impegnativa. Uomini, chiunque siate, ovunque siate, ascoltatemi attenti; tutti insieme porgete orecchio a ciò che vi prometto! Per prima cosa, dunque, sii ben certo che non c'è donna al mondo che non possa essere conquistata: e la conquisterai, purché tu sappia tendere i tuoi lacci. Zittiranno gli uccelli a primavera, le cicale in estate; volgeranno alle lepri la schiena i cani del Menalo (3), prima che una donna abilmente adescata si rifiuti all’amante. Anche quella che ti farà credere di non volere, vorrà. Come all'uomo, così piace  alla donna l’amore furtivo: l'uomo non è capace di fingere, mentre la donna sa nascondere il desiderio. Se noi uomini decidessimo di non fare più il primo passo, la donna, vinta, ci verrebbe a cercare. Nei molli prati al toro muggisce la femmina; nitrisce la puledra all’ungulato cavallo. Più contenuta in noi maschi, né così sfrenata è la libidine: ha un limite nell'uomo l’ardore virile. Che. dirò di Biblide (4), che arse d'insano amore per il fratello, punendo la propria colpa impiccandosi?Mirra (5) suo padre amò, ma non d'amore dovuto a un padre: ed ora sta nascosta sotto una dura corteccia. Noi ci ungiamo con quanto ella distilla col suo pianto giù dal tronco odoroso, ed ogni goccia tramanda ancora agli uomini il suo nome.
  
 
Devi recitare la parte dell’innamorato, la tua voce deve mostrare che il cuore piange; fai di tutto perché ti creda: costa così poco; non c'è chi non sia certa di meritare l’amore; o brutta o bella, ogni donna s'immagina piacente (…).
Prometti senza timori: le promesse attraggono le donne; delle promesse chiama a testimoni gli dèi, quanti ne vuoi! Degli spergiuri degli amanti, Giove ride dall'alto e li disperde in nulla sopra le ali dei venti. Egli, a Giunone, giurò spesso il falso sullo Stige. Ora è propizio  agli amanti col suo esempio. Giova aver fede negli dèi del cielo: crediamo dunque, poiché giova, e offriamo incensi e vini sugli antichi altari. Gli dèì non sono immersi in una quiete simile al sonno: vivete senza colpa, (perché) dio esiste. Restituite i pegni, rispettate i patti; dalla frode state lontani; conservate le mani immuni dal delitto: ma le donne ingannatele pure impunemente, se avete senno. In quest’unico caso, esser leali è vergognoso. Ingannate queste ingannatrici: sono in gran parte una razza empia, cadano nei lacci ch'esse stesse hanno teso!
 
 
Giovano poi anche le lacrime: col pianto potrai ridurre tenero il diamante. Fa' che ti veda umide le guance, se ti riesce; e se ti manca il pianto (non sempre è pronto ad apparire in tempo), tòccati gli occhi con mano bagnata. Chi poi, se non è sciocco, ignora l'arte di mescolare i baci alle parole dolci? Può darsi si rifiuti, e allora i baci prendili a forza. Se reagirà, se la prima volta ti dirà che sei sfacciato, credi, pur resistendo, vorrà essere vinta. Bada soltanto di non farle male, di non ferire le sue tenere labbra quando le rubi i baci, e che non possa lamentarsi della tua durezza. Chi, presi i baci, poi non coglie il resto, perda anche quelli. Che mancava ormai, dopo quelli, al pieno appagamento? Ahimè, fu ingenuità, non fu pudore! Chiamala pure violenza: è una violenza che alle donne piace! Ciò che piace a loro è concedere per forza ciò che desiderano concedere. Qualunque donna costretta a un improvviso e rapinato amplesso, ne gode, e la violenza è per lei come un dono; se la lasci intatta ancor quando potevi averla, simulerà col volto una sua gioia, ma avrà dispetto in cuore. Subì violenza Febe (6); con la forza fu presa sua sorella: l'una e l'altra, rapite, furono grate ai loro rapitori.
 
 
 
NOTE
 
(1) E’ la Musa protettrice della commedia.
(2) Intende il distico elegiaco, formato da due versi di lunghezza diversa.
(3) Il Menalo è un monte dell’Arcadia, famoso per i cani da caccia.
(4) Si era innamorata del fratello Cauno (secondo un’altra versione, raccontata dallo stesso Ovidio nelle Metamorfosi, gli dei ne ebbero pietà e la trasformarono in una fonte).
(5) Si era innamorata del padre Cinira. Fu trasformata in un albero di mirra, le cui gocce di resina ricordano le amare lacrime da lei sparse.
(6) Febe e sua sorella Ilaira furono rapite da Càstore e Pollùce.
 

 

Nessun commento:

Posta un commento