MARZO 1821
all'illustre memoria
di
Teodoro Koerner
poeta e soldato
della indipendenza germanica
morto sul campo di Lipsia
il giorno XVIII d'ottobre MDCCCXIII
nome caro a tutti i popoli
che combattono per difendere
o per riconquistare
una patria
1 Soffermati sull'arida sponda,
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volti i guardi al varcato Ticino,
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tutti assorti nel novo destino,
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certi in cor dell'antica virtù
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han giurato: non fia che quest'onda
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scorra più tra due rive straniere:
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non fia loco ove sorgan barriere
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tra l'Italia e l'Italia, mai più!
9 L'han giurato: altri forti a quel giuro
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rispondean da fraterne contrade,
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affilando nell'ombra le spade
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che or levate scintillano al sol.
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Già le destre hanno strette le destre;
14 già le sacre parole son porte:
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o compagni sul letto di morte,
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o fratelli su libero suol.
17 Chi potrà della gemina Dora,
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della Bormida al Tanaro sposa,
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del Ticino e dell'Orba selvosa
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scerner l'onde confuse nel Po;
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chi stornargli del rapido Mella
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e dell'Oglio le miste correnti,
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chi ritogliergli i mille torrenti
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che la foce dell'Adda versò,
25 quello ancora una gente risorta
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potrà scindere in volghi spregiati,
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e a ritroso degli anni e dei fati,
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risospingerla ai prischi dolor:
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una gente che libera tutta,
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o fia serva tra l'Alpe ed il mare;
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una d'arme, di lingua, d'altare,
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di memorie, di sangue e di cor.
33 Con quel volto sfidato e dimesso,
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con quel guardo atterrato ed incerto,
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con che stassi un mendico sofferto
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per mercede nel suolo stranier,
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star doveva in sua terra il Lombardo;
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l'altrui voglia era legge per lui;
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il suo fato, un segreto d'altrui;
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la sua parte, servire e tacer.
41 O stranieri, nel proprio retaggio
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torna Italia, e il suo suolo riprende;
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o stranieri, strappate le tende
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da una terra che madre non v'è.
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Non vedete che tutta si scote,
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dal Cenisio alla balza di Scilla?
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non sentite che infida vacilla
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sotto il peso de' barbari piè?
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O stranieri! sui vostri stendardi
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sta l'obbrobrio d'un giuro tradito;
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un giudizio da voi proferito
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v'accompagna all'iniqua tenzon
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voi che a stormo gridaste in quei giorni:
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Dio rigetta la forza straniera;
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ogni gente sia libera, e pera
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della spada l'iniqua ragion.
57 Se la terra ove oppressi gemeste
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preme i corpi de' vostri oppressori,
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se la faccia d'estranei signori
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tanto amara vi parve in quei dì;
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chi v'ha detto che sterile, eterno
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saria il lutto dell'itale genti?
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chi v'ha detto che ai nostri lamenti
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saria sordo quel Dio che v'udì?
65 sì, quel Dio che nell'onda vermiglia
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chiuse il rio che inseguiva Israele,
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quel che in pugno alla maschia Giaele
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pose il maglio, ed il colpo guidò;
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quel che è Padre di tutte le genti,
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che non disse al Germano giammai:
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va, raccogli ove arato non hai;
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spiega l'ugne; l'Italia ti do.
73 Cara Italia! dovunque il dolente
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grido uscì del tuo lungo servaggio;
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dove ancor dell'umano lignaggio,
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ogni speme deserta non è
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dove già libertade è fiorita,
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dove ancor nel segreto matura,
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dove ha lacrime un'alta sventura
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non c'è cor che non batta per te.
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Quante volte sull'Alpe spiasti
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l'apparir d'un amico stendardo!
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quante volte intendesti lo sguardo
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ne' deserti del duplice mar!
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ecco alfin dal tuo seno sboccati,
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stretti intorno a' tuoi santi colori,
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forti, armati de' propri dolori,
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i tuoi figli son sorti a pugnar.
89 Oggi, o forti, sui volti baleni
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il furor delle menti segrete:
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per l'Italia si pugna, vincete!
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il suo fato sui brandi vi sta.
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O risorta per voi la vedremo
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al convito de' popoli assisa,
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o più serva, più vil, più derisa,
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sotto l'orrida verga starà.
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Oh giornate del nostro riscatto!
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oh dolente per sempre colui
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che da lunge, dal labbro d'altrui,
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come un uomo straniero, le udrà!
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che a' suoi figli narrandole un giorno,
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dovrà dir sospirando: io non c'era;
103
che la santa vittrice bandiera
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salutata quel dì non avrà.
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