lunedì 14 settembre 2015

Purgatorio: i canti di Stazio

Stazio in Purgatorio XXI e XXII
 
BOSCO-REGGIO, commento al Purgatorio,
introduzione ai canti XXI e XXII.
 
1) Dante lo dice “tolosano”, confondendolo con un altro Stazio (il retore, vissuto in età neroniana); dalle Silvae (cinque libri di poesie d’occasione) è chiaro invece che era napoletano (45-96 d. C.). Ma Dante non conosce le Silvae[13]; eppure sa che fu incoronato poeta: evidentemente, non dalle Silvae, ove risulta chiaro (III, 28-31), ma dall’Achilleide  (il suo secondo poema epico, rimasto interrotto alla metà del secondo libro per la morte del poeta: “caddi in via con la seconda soma”) ove Stazio invoca Apollo per essere incoronato una seconda volta.
2) Circa la questione della prodigalità, non basta, per giustificare l’“informazione” di Dante, la Satira VII di Giovenale dove si dice che Stazio era molto povero (e quindi prodigo, visto che era poeta di successo); infatti la gloria poetica (lo lamenta lo stesso Giovenale) non comportava ricchezza. E’ da supporre, come anche per l’“informazione” della conversione di Stazio, una fonte biografica a noi ignota.
3) Il doppio peccato (avarizia-prodigalità) compare solo qui, e, checché ne dica ora Stazio[14], mal si concilia con il contrappasso e con i personaggi incontrati nelle altre cornici. Evidentemente a Dante preme stigmatizzare questo peccato (la prodigalità) che altrimenti dalla cultura cortese è ritenuto pregio, segno di gentilezza (allo stesso modo, in XXII, 11-12, viene contestato il grande pregiudizio cortese della irresistibilità dell’amore); e la denuncia della prodigalità è già in una delle Rime ed in una canzone del Convivio.
4) Il senso dei due versi virgiliani (Aen. III, 56-57: “Quid non mortalia pectora cogis, / auri sacra fames?”, cioè “a che cosa non spingi tu, esecranda fame dell’oro, gli animi umani?”) è evidentemente frainteso: in Virgilio è inequivocabile la denuncia dell’avarizia-avidità (Polinestore ha ucciso Polidoro per impadronirsi delle sue ricchezze); in Dante (che traduce: “perché non reggi tu, o sacra fame / dell’oro, l’appetito de’ mortali?”, e intende: “perché non governi tu – con giusta misura – i desideri umani, o santa – quando sentita con giusta misura – fame dell’oro?” ) è inteso come rivendicazione di un giusto desiderio di ricchezza e diventa monito contro la prodigalità[15]. Siccome è inaccettabile l’idea di una incomprensione di Dante, si deve pensare ad una interpretazione volontaria, secondo la convinzione medievale che dietro le parole poetiche si nascondano più sensi (e che quindi sia legittimo trovare quello che si cerca).
5) Circa il cristianesimo di Stazio, si cercano argomenti nella Tebaide[16] ; ma quella della conversione (e del restare “cristiano chiuso”) è un topos medievale, attribuito anche ad autori vissuti prima di Cristo (e, insieme alla questione della prodigalità, ci fa supporre una biografia medievale a noi sconosciuta).
 
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[13]Saranno scoperte in epoca umanistica da Poggio Bracciolini. 
[14]in Pg. XXII, 49-51. In medio stat virtus, secondo un principio aristotelico, prima che d’Orazio. 
[15]Sapegno cerca di salvare capra e cavoli; leggendo “per che” e forzando il senso sia di “sacra” che di “reggi”, intende: “a quali opere non conduci  tu, o esecranda  fame ecc.”.

[16]Nella descrizione dell’ara della Clemenza si allude ad una divinità superiore che non ha bisogno di sacrifici; Teseo che si presenta come pacificatore è figura Christi; Tiresia minaccia di evocare una divinità superiore e sconosciuta (così aveva interpretato lo stesso Poliziano).
 

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