domenica 20 settembre 2015

Paradiso: la visione di Dio

La visione di Dio nel XXXIII del Paradiso
 
BOSCO-REGGIO, commento al Paradiso;
introduzione al canto XXXIII.
 
Giunto nell’Empireo, Dante vede una fiumana di luce fra due rive di fiori; dalla fiumana escono scintille che si posano sui fiori e poi ritornano nel gorgo. Quindi la luce assume forma circolare (più grande del sole), i fiori appaiono come beati e le scintille come angeli; i beati li vede disposti nella Candida Rosa (in più di mille ordini di seggi, digradanti come petali), la quale si specchia nel cerchio di luce come un colle in un lago; gli angeli sembrano api che volano da un fiore all’altro.
Beatrice conduce Dante al centro dell’“anfiteatro”, poi scompare tornando al suo seggio. Dante si trova al fianco S. Bernardo[20], il quale gli indica che la Rosa è divisa in due settori (credenti in Cristo venturo e venuto)[21] e in due parti (inferiore per i bambini, superiore per gli adulti).
Perché Dante possa contemplare Dio, è necessaria la mediazione della Vergine (che risiede in un seggio nel giro più alto della Rosa), alla quale Bernardo rivolge la sua “orazione”[22]. Mentre tutti i beati congiungono le mani verso di lei in una “figurazione giottesca ” (Croce), la Vergine, immobile, consente, senza parlare, con gli occhi (che, quindi, rivolge a Dio).
Ora comincia il dramma di Dante che vuole raccontare l’esperienza della visione: ed è, anzitutto, un problema teologico, perché non si può vedere ciò che si può solamente pensare (Tommaso: “non est possibile quod per aliquam similitudinem creatam divina substantia intelligatur”). Ma Dante vuole dare una conclusione “visibile” ad un racconto che è stato tutto “visibile”: e ha l’idea dei tre cerchi e dell’immagine umana “adattata” al cerchio (per rendere sensibilmente i due misteri fondamentali della Trinità e dell’Incarnazione). Tutto lo sforzo è inteso a dimostrare la difficoltà di (1) capire (intelligere) ciò che si vede (non c’è il mistico che si abbandona, ma il razionalista che vuole comprendere con la ragione); e poi di (2) ricordare quel che si è capito; e infine di (3) trovare parole adeguate per esprimere quel barlume che si ricorda.
Suggestivo il momento in cui dice di “vedere” l’ordine dell’universo[23] (le relazioni fra sostanze e accidenti: ciò che ha sempre cercato di capire e dimostrare: in tutta la Commedia, ma in particolare in Pd . I e II).
 
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[20]di Chiaravalle (1091-1153), mistico, restauratore del culto mariano, forse scelto per questo come ultima guida.
 
[21]la divisione è segnata da una linea di donne ebree (che parte da Maria e comprende Eva, Rachele - con a fianco Beatrice - Sara, Rebecca, ecc.) e da una corrispondente linea “maschile” (che presenta Giovanni battista, Francesco d’Assisi, Benedetto, Agostino, ecc.).
 
[22]E’ divisa in due parti: elogio di Maria (notevole l’incipit, articolato in tre fortissime antitesi) e richiesta di intercessione. In essa c’è “l’eloquenza di un’iscrizione in un monumento della vittoria e la dolcezza di un poema d’amore” (Auerbach).
 
[23]Ricorda l’Aleph  di Borges.
 

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