lunedì 29 maggio 2023

Verga verista (VI parte)

 

Verga non denuncia. Il caso dell’ingegnere a teatro

1)    Ma dunque qual è l’atteggiamento dell’autore, di Verga, nei confronti di questa realtà? Non ci sono nel testo suoi giudizi, suoi commenti di denuncia della violenza e della sopraffazione sui più deboli, dello sfruttamento in generale e dello sfruttamento del lavoro minorile in particolare.

2)    C’era un punto nel testo della prima redazione in cui si intravvedeva un giudizio polemico dell’autore, cioè di Verga, una implicita denuncia nei confronti dell’ingegnere che dirigeva i lavori della cava. Ed è quando vengono a cercarlo perché mastro Misciu è rimasto schiacciato dalla rena. Così nella prima redazione:

      Quella sera in cui vennero a cercare in tutta fretta l’ingegnere che dirigeva i lavori della cava, ei si trovava a teatro, e non avrebbe cambiato la sua poltrona con un trono, perch’era gran dilettante (grande appassionato di teatro). Rossi (la sua compagnia era rinomata) rappresentava l’Amleto, e c’era un bellissimo teatro. Sulla porta si vide accerchiato da tutte le femminucce di Monserrato, che strillavano e si picchiavano il petto per annunziare la gran disgrazia ch’era toccata a comare Santa, la sola, poveretta, che non dicesse nulla, e sbatteva i denti quasi fosse in gennaio. L’ingegnere, quando gli ebbero detto che il caso era accaduto da circa quattro ore, domandò cosa venissero a fare da lui dopo quattro ore. Nondimeno ci andò con scale e torcie a vento, ma passarono altre due ore, e fecero sei, e lo sciancato disse che a sgomberare il sotterraneo ci voleva una settimana.

      (…)

      L’ingegnere se ne tornò a veder seppellire Ofelia; e gli altri minatori si strinsero nelle spalle, e se ne tornarono a casa ad uno ad uno.

 

3)    Nei dettagli sull’ingegnere a teatro, sulla rappresentazione dell’Amleto, per cui l’ingegnere avrebbe preferito non muoversi di lì, più interessato alla sua serata a teatro che alla sorte dei minatori, sentiamo la mano dell’autore o comunque di un narratore che appartiene al mondo colto della borghesia. Il giudizio ironicamente polemico si avverte ancora di più nella frase conclusiva: “l’ingegnere se ne tornò a veder seppellire Ofelia”, cioè l’ingegnere lascia il minatore sepolto sotto la sabbia e se ne torna al suo Amleto, dove fa in tempo a vedere una sepoltura letteraria, ovvero quella di Ofelia. Nella redazione del 1897 tutto questo scompare:

      L’ingegnere che dirigeva i lavori della cava si trovava a teatro quella sera, e non avrebbe cambiato la sua poltrona con un trono, quando vennero a cercarlo per il babbo di Malpelo, che aveva fatto la morte del sorcio. Tutte le femminucce di Monserrato strillavano e si picchiavano il petto per annunziare la gran disgrazia ch’era toccata a comare Santa, la sola, poveretta, che non dicesse nulla, e sbatteva i denti invece, quasi avesse la terzana. L’ingegnere, quando gli ebbero detto il come e il quando, che la disgrazia era accaduta da circa tre ore, e Misciu Bestia doveva già essere bell’e arrivato in Paradiso, andò quasi per scarico di coscienza, con scale e corde, a fare il buco nella rena.

Della denuncia è rimasto solo un barlume, laddove si dice che l’ingegnere “non avrebbe cambiato la sua poltrona con un trono”. La narrazione è più asciutta e ricorrono le espressioni coerenti con l’artificio della regressione, cioè sentiamo la voce di un narratore che appartiene al mondo dei minatori; mastro Misciu “aveva fatto la morte del sorcio”, sua moglie sbatteva i denti “quasi avesse la terzana” e Misciu Bestia doveva già essere bell’e arrivato in Paradiso”.

Il pessimismo di Verga e la reazione del lettore

4)    Il pensiero di Verga – lo capiamo da altre novelle, dai romanzi del ciclo de I vinti ed anche dalle posizioni politiche conservatrici da lui in più occasioni manifestate (estimatore di Crispi[1], nel 1898 elogia la repressione milanese di Bava Beccaris[2], nel 1912 si dichiara nazionalista e poi interventista nella I guerra mondiale) – coincide con il pessimismo di Malpelo: così va il mondo e non c’è intervento divino né organizzazione umana che possa modificarne nel profondo le leggi. E dunque lo scrittore verista non può che rappresentare questo mondo nella sua brutale realtà.

5)    Forse è proprio questo (il suo cupo pessimismo, il suo essere ideologicamente un conservatore, il suo “rifiuto della speranza populista e delle suggestioni socialiste”) che – come scrive Asor Rosa – lo porta “alla rappresentazione più convincente che del mondo popolare sia stata data in Italia durante tutto l’Ottocento”.

6)    Proprio il suo pessimismo consente a Verga di cogliere con grande lucidità il negativo del mondo esistente, dove trionfano la forza e la ricerca del proprio utile, l’oppressione sui più deboli e la degradazione umana che ne risulta. Verga non indica alternative, la sua vuole essere una rappresentazione oggettiva delle cose, ma le cose parlano da sé, le cose gridano, invocano l’alternativa.

7)    Di fatto, che Verga ne sia consapevole o no, quanto più il lettore si addentra in questo mondo fatto di violenza e di sopraffazione, tanto più ne avverte la inaccettabilità, così come la avverte Malpelo, che pure ne teorizza la immodificabilità, come di una legge di natura.



[1] Nel 1894 represse con durezza il movimento contadino dei Fasci siciliani e determinò lo scioglimento del Partito socialista dei lavoratori.

[2] Nel 1898 fece sparare contro una manifestazione popolare che protestava per l’aumento del prezzo del pane: 83 morti, secondo il governo, 300 secondo l’opposizione.

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