martedì 28 maggio 2024

L'amore e l'altro mondo nell'immaginario medievale (V parte)

 

Una sensibilità non più medievale non avverte la presenza del divino

1)    Se ne può concludere, insomma, che Boccaccio tratta quel materiale medievale con una sensibilità che non è più medievale, non solo perché rovescia beffardamente le funzione di un exemplum edificante, ma anche perché, coi modi stessi della narrazione, dimostra di non avvertire, se non pretestuosamente, la presenza del divino (e del diabolico) nelle vicende terrene. Così come, circa un secolo e mezzo prima, non l’avvertiva Andrea Cappellano, il quale, altrettanto pretestuosamente, per trattare d’amore si era servito del soprannaturale.

L’etica cortese corretta alla luce dell’etica borghese

2)    Nel tramonto del Medioevo, è dunque la voce di Andrea che torna a farsi sentire. Ma l’etica cortese, cui Andrea aveva dato sistemazione nel suo trattato, viene rivisitata e corretta alla luce dell’etica borghese, ormai trionfante nella società cui Boccaccio appartiene. Si pensi, ad esempio, a una certa aura di negatività che nella novella, a dispetto del precetto cortese della liberalità, si riverbera da quello spendere smisuratamente di Nastagio (talché, come si dice nella novella, i suoi parenti temono per il patrimonio);[1] o anche, ed è elemento davvero vistoso, alla scelta finale del matrimonio ‘onorevole’, che contraddice seccamente quella precettistica. Bisognerà appunto considerare che Boccaccio, per quanto guardi con sincera nostalgia alle idealità di un mondo ormai lontano, è pur sempre l’interprete di una società (borghese) in cui si sono imposti altri valori, si rivolge ad un pubblico per il quale il lieto fine non può essere dissociato dall’amministrazione oculata del patrimonio e dal rispetto delle convenienze sociali. Si potrebbe dire che etica cortese ed etica borghese si sono alleate, individuando nell’etica cristiana il comune nemico

L’amore non è peccato, ma forza incomprimibile della natura

3)    In altre parole, riconoscere il tono parodistico della novella di Nastagio (che certamente esiste) non vuol dire negare a Boccaccio l’intenzione consapevole (del resto evidente in tanti luoghi del Decamerone) di sottrarre l’amore al regno del peccato per collocarlo in quello dei bisogni naturali dell’uomo. Passavanti è lontano, ma è lontano anche Dante. L’amore terreno non è più esecrato come causa di dannazione, ma nemmeno è liberato dal peso della sua materialità perché possa indirizzarsi al cielo: è semplicemente accettato come una forza incomprimibile della natura, che determina, al pari e più di altre, i comportamenti dell’uomo.

Anche qui Boccaccio anticipa la nuova concezione del Rinascimento

4)    E naturalmente non desta meraviglia che a tale mutamento di prospettiva dia voce un autore così rappresentativo di quell’età di transizione in cui comincia ad affermarsi una nuova concezione dell’uomo e del mondo.

Due riprese nel Rinascimento

5)    Non sarà un caso se alla fine del Quattrocento, Botticelli - che pure opera in un ambiente di alta spiritualità quale quello neo-platonico della corte di Lorenzo de’ Medici - illustrerà proprio la novella di Nastagio in quattro tavolette destinate a decorare la cassa da corredo per una sposa; e se in pieno Rinascimento, Ariosto, visibilmente riallacciandosi a quella tradizione che risaliva ad Andrea Cappellano, immaginerà, nel suo Orlando Furioso, punite all’inferno, ancora una volta, le donne che non vollero amare ed essere amate.

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