Il bene assoluto
contro il male assoluto nella Liberata
22)
Consideriamo ora l’aspetto ideologico della Liberata,
i valori che vuole comunicare e confrontiamolo ancora una volta con il Furioso. La Liberata vuole essere un
poema altamente educativo, dal punto di vista morale e religioso. Ciò di cui
si narra è la lotta del bene contro il male; in opposizione ai cristiani,
che rappresentano il bene, non c’è una religione diversa, ma altrettanto degna:
c’è la volontà del male, con cui non ci può essere niente in comune.
Che di questo si tratti (cioè di una lotta
fra il bene e il male, e non di una contesa fra due diverse religioni) è
dimostrato dal fatto che nella guerra parallela che coinvolge la divinità, l’avversario del dio cristiano non è il dio
musulmano, l’avversario di Cristo non è Maometto, ma satana stesso. Piccola
parentesi: quando facevo lezione mi capitava di avere degli alunni musulmani e
facevo fatica a spiegare questo; non pareva tanto bello che i fedeli di
un’altra religione fossero presentati come fedeli del demonio…
Lo stesso codice
per cristiani e musulmani nel Furioso
23)
Nel Furioso
l’aspetto religioso è del tutto secondario, non più di un pretesto per
consentire le audaci imprese dei cavalieri; e i cavalieri, cristiani e
pagani, hanno in comune lo stesso codice d’onore (nel I canto Rinaldo e
Ferraù interrompono il duello per inseguire Angelica in groppa allo stesso
cavallo: e Ariosto commenta “Oh gran
bontá de’ cavallieri antiqui! / Eran rivali, eran di fé diversi, / e si sentian
degli aspri colpi iniqui / per tutta la persona anco dolersi; / e pur per selve
oscure e calli obliqui / insieme van senza sospetto aversi”), credono negli
stessi valori, perseguono gli stessi obiettivi, realizzano se stessi in avventure individuali, d’amore e di guerra. In Tasso invece l’avventura è
devianza (deviante è l’individualismo, e dunque “compagni erranti” sono
Rinaldo e Tancredi), il cavaliere deve compiere una missione religiosa (e
collettiva), in nome della quale deve rinunciare alla libera
autodeterminazione ed assoggettare la sua volontà a quella del capitano
(che è poi la volontà di Dio).
Il discorso di
Satana
24) Tutto ciò
è nelle intenzioni, questi sono i valori che Tasso vuole comunicare. Ma se
ora leggiamo le ottave della Liberata
in cui Satana convoca i diavoli e rivolge loro un discorso per esortarli ad
andare in aiuto dei pagani, non possiamo
non avvertire il segno di contraddizione che alberga nell’animo di Tasso:
Tartarei
Numi, di seder più degni
Là
sovra il Sole, ond’è l’origin vostra,
Che
meco già dai più felici regni
Spinse
il gran caso in questa orribil chiostra;
Gli
antichi altrui sospetti, e i fieri sdegni
Noti
son troppo, e l’alta impresa nostra.
Or
colui regge a suo voler le stelle,
E
noi siam giudicate alme rubelle.
Poi ricorda che
sono stati cacciati dal cielo e relegati “in questo abisso oscuro”, dove
addirittura il figlio del nemico, cioè di Dio, ha osato mettere piede e ha
prelevato delle anime che ha portato con sé in cielo.
Ma
chè rinnovo i miei dolor parlando?
Chi
non ha già l’ingiurie nostre intese?
Ed
in qual parte si trovò, nè quando
Ch’egli
cessasse dalle usate imprese?
Non
più dèssi alle antiche andar pensando,
Pensar
dobbiamo alle presenti offese.
Deh non vedete
omai come egli tenti
Tutte al suo
culto richiamar le genti?
Noi
trarrem neghittosi i giorni, e l’ore,
Nè
degna cura fia che ’l cor n’accenda?
E
soffrirem che forza ognor maggiore
Il
suo popol fedele in Asia prenda?
E
che Giudea soggioghi, e che ’l suo
onore,
Che ’l nome suo
più si dilati e stenda?
Che suoni in
altre lingue, e in altri carmi
Si scriva, e
incida in nuovi bronzi, e marmi?
Che
sian gl’Idoli nostri a terra sparsi?
Che i nostri
altari il mondo a lui converta?
Ch’a
lui sospesi i voti, a lui sol’arsi
Siano
gl’incensi, ed auro e mirra offerta?
Ch’ove a noi
tempio non solea serrarsi,
Or via non resti
all’arti nostre aperta?
Che
di tant’alme il solito tributo
Ne
manchi, e in voto regno alberghi Pluto?
Ah
non fia ver, chè non sono anco estinti
Gli spirti in
noi di quel valor primiero,
Quando
di ferro e d’alte fiamme cinti
Pugnammo
già contra il celeste impero.
Fummo,
io nol nego, in quel conflitto vinti;
Pur non mancò
virtute al gran pensiero:
Ebbero i più
felici allor vittoria;
Rimase a noi d’invitto
ardir la gloria.
Il passo è esemplare perché mette in luce il cosiddetto “bifrontismo
spirituale” o doppio codice o conflittualità interna, presente nella Liberata.
Qui Satana non è rappresentato come il
male assoluto, ma come un combattente valoroso che ha osato ribellarsi, in
nome della libertà, non al bene assoluto, ma a un potere autoritario che non
tollera il pluralismo e che intende imporre un dominio universale, riducendo al
silenzio ogni altra voce. Si capisce allora come dietro la metafora della
guerra fra cristiani e musulmani sia rappresentato il conflitto fra due codici ideologici di comportamento: quello laico,
pluralista, libertario (di cui sono campioni i pagani) e quello religioso,
universalista (imperialista), autoritario (di cui sono campioni i cristiani).
E si capisce anche che i cristiani
sono il modello di comportamento della Controriforma, che combatte contro il
modello di comportamento dell'età precedente, fatto di libertà,
laicismo, ecc., ovvero contro il mondo del Furioso (sorprendentemente,
qui, rappresentato dai pagani). Ne consegue questo corollario: la lotta del “capitano” per ricondurre i
“compagni erranti”, al giusto comportamento, rappresenta la lotta che
l’ortodossia cattolica deve combattere contro l’eresia; il che equivale
a dire che i nemici della fede cristiana non sono solo all’esterno, i non
cristiani, gli infedeli, ma sono anche all’interno, i cristiani che “errano”
perché non riconoscono la giusta dottrina insegnata dalla Chiesa . E infine si capisce anche come l'esigenza aristotelica di unità sia
l'esigenza di ordinare sotto un unico principio (come vogliono fare i cristiani sotto il segno della croce) ciò che
invece vorrebbe essere dispersivo, centrifugo, diverso (tale è l'avventura
cavalleresca, cosiccome la devianza eretica: ci si lascia sedurre da altro che
non dall'unico bene).
Tasso si tradisce
25) Potremmo dire che in un
certo senso Tasso si tradisce, o meglio, mostra appieno la lacerazione
della sua coscienza: aderisce
certamente al codice cristiano, ma sente il fascino dell’altro codice,
quello pagano che, sorprendentemente, rimanda ad ideali e valori propri del
Rinascimento (l’onore, il coraggio, la lealtà, la virtù nelle armi): non a
caso a questi ideali fa riferimento la pagana Clorinda quando chiede ed ottiene da Aladino la liberazione di
Olindo e Sofronia (ci dobbiamo
affidare al valore guerriero, dice, non alla magia nera); laddove Goffredo, quando si rivolge
all’esercito per sollecitarlo all’ultima impresa, sostiene che le vittorie dei cristiani sono
soprattutto “opera del Cielo”). Di qui quello che i lettori hanno
sempre avvertito, ovvero la freddezza
dei personaggi positivi (Goffredo, Pier l'eremita) e la simpatia per gli sconfitti (da Satana, appunto, che
appare come un campione del libero pensiero, ai “compagni erranti”, tipo
Rinaldo e Tancredi, che si lasciano sedurre dall'"avventura"
invece di corrispondere al "servizio"). Si direbbe insomma che
Tasso aveva qualche ragione quando si faceva esaminare dall’Inquisizione: sentiva
che la sua coscienza era autenticamente lacerata, sottoposta ad impulsi
contrastanti.
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