domenica 12 gennaio 2020

I tormenti di Tasso (IV parte)


Il bene assoluto contro il male assoluto nella Liberata



22) Consideriamo ora l’aspetto ideologico della Liberata, i valori che vuole comunicare e confrontiamolo ancora una volta con il Furioso. La Liberata vuole essere un poema altamente educativo, dal punto di vista morale e religioso. Ciò di cui si narra è la lotta del bene contro il male; in opposizione ai cristiani, che rappresentano il bene, non c’è una religione diversa, ma altrettanto degna: c’è la volontà del male, con cui non ci può essere niente in comune. Che di questo si tratti (cioè di una lotta fra il bene e il male, e non di una contesa fra due diverse religioni) è dimostrato dal fatto che nella guerra parallela che coinvolge la divinità, l’avversario del dio cristiano non è il dio musulmano, l’avversario di Cristo non è Maometto, ma satana stesso. Piccola parentesi: quando facevo lezione mi capitava di avere degli alunni musulmani e facevo fatica a spiegare questo; non pareva tanto bello che i fedeli di un’altra religione fossero presentati come fedeli del demonio…



Lo stesso codice per cristiani e musulmani nel Furioso



23) Nel Furioso l’aspetto religioso è del tutto secondario, non più di un pretesto per consentire le audaci imprese dei cavalieri; e i cavalieri, cristiani e pagani, hanno in comune lo stesso codice d’onore (nel I canto Rinaldo e Ferraù interrompono il duello per inseguire Angelica in groppa allo stesso cavallo: e Ariosto commenta “Oh gran bontá de’ cavallieri antiqui! / Eran rivali, eran di fé diversi, / e si sentian degli aspri colpi iniqui / per tutta la persona anco dolersi; / e pur per selve oscure e calli obliqui / insieme van senza sospetto aversi”), credono negli stessi valori, perseguono gli stessi obiettivi, realizzano se stessi in avventure individuali, d’amore e di guerra. In Tasso invece l’avventura è devianza (deviante è l’individualismo, e dunque “compagni erranti” sono Rinaldo e Tancredi), il cavaliere deve compiere una missione religiosa (e collettiva), in nome della quale deve rinunciare alla libera autodeterminazione ed assoggettare la sua volontà a quella del capitano (che è poi la volontà di Dio).



Il discorso di Satana



24) Tutto ciò è nelle intenzioni, questi sono i valori che Tasso vuole comunicare. Ma se ora leggiamo le ottave della Liberata in cui Satana convoca i diavoli e rivolge loro un discorso per esortarli ad andare in aiuto dei pagani, non possiamo non avvertire il segno di contraddizione che alberga nell’animo di Tasso:

Tartarei Numi, di seder più degni

Là sovra il Sole, ond’è l’origin vostra,

Che meco già dai più felici regni

Spinse il gran caso in questa orribil chiostra;

Gli antichi altrui sospetti, e i fieri sdegni

Noti son troppo, e l’alta impresa nostra.

Or colui regge a suo voler le stelle,

E noi siam giudicate alme rubelle.



Poi ricorda che sono stati cacciati dal cielo e relegati “in questo abisso oscuro”, dove addirittura il figlio del nemico, cioè di Dio, ha osato mettere piede e ha prelevato delle anime che ha portato con sé in cielo.



Ma chè rinnovo i miei dolor parlando?

Chi non ha già l’ingiurie nostre intese?

Ed in qual parte si trovò, nè quando

Ch’egli cessasse dalle usate imprese?

Non più dèssi alle antiche andar pensando,

Pensar dobbiamo alle presenti offese.

Deh non vedete omai come egli tenti

Tutte al suo culto richiamar le genti?



Noi trarrem neghittosi i giorni, e l’ore,

Nè degna cura fia che ’l cor n’accenda?

E soffrirem che forza ognor maggiore

Il suo popol fedele in Asia prenda?

E che Giudea soggioghi, e che ’l suo onore,

Che ’l nome suo più si dilati e stenda?

Che suoni in altre lingue, e in altri carmi

Si scriva, e incida in nuovi bronzi, e marmi?



Che sian gl’Idoli nostri a terra sparsi?

Che i nostri altari il mondo a lui converta?

Ch’a lui sospesi i voti, a lui sol’arsi

Siano gl’incensi, ed auro e mirra offerta?

Ch’ove a noi tempio non solea serrarsi,

Or via non resti all’arti nostre aperta?

Che di tant’alme il solito tributo

Ne manchi, e in voto regno alberghi Pluto?



Ah non fia ver, chè non sono anco estinti

Gli spirti in noi di quel valor primiero,

Quando di ferro e d’alte fiamme cinti

Pugnammo già contra il celeste impero.

Fummo, io nol nego, in quel conflitto vinti;

Pur non mancò virtute al gran pensiero:

Ebbero i più felici allor vittoria;

Rimase a noi d’invitto ardir la gloria.



Il passo è esemplare perché mette in luce il cosiddetto “bifrontismo spirituale” o doppio codice o conflittualità interna, presente nella Liberata. Qui Satana non è rappresentato come il male assoluto, ma come un combattente valoroso che ha osato ribellarsi, in nome della libertà, non al bene assoluto, ma a un potere autoritario che non tollera il pluralismo e che intende imporre un dominio universale, riducendo al silenzio ogni altra voce. Si capisce allora come dietro la metafora della guerra fra cristiani e musulmani sia rappresentato il conflitto fra due codici ideologici di comportamento: quello laico, pluralista, libertario (di cui sono campioni i pagani) e quello religioso, universalista (imperialista), autoritario (di cui sono campioni i cristiani). E si capisce anche che i cristiani sono il modello di comportamento della Controriforma, che combatte contro il modello di comportamento dell'età precedente, fatto di libertà, laicismo, ecc., ovvero contro il mondo del Furioso (sorprendentemente, qui, rappresentato dai pagani). Ne consegue questo corollario: la lotta del “capitano” per ricondurre i “compagni erranti”, al giusto comportamento, rappresenta la lotta che l’ortodossia cattolica deve combattere contro l’eresia; il che equivale a dire che i nemici della fede cristiana non sono solo all’esterno, i non cristiani, gli infedeli, ma sono anche all’interno, i cristiani che “errano” perché non riconoscono la giusta dottrina insegnata dalla Chiesa . E infine si capisce anche come  l'esigenza aristotelica di unità sia l'esigenza di ordinare sotto un unico principio (come vogliono fare i cristiani sotto il segno della croce) ciò che invece vorrebbe essere dispersivo, centrifugo, diverso (tale è l'avventura cavalleresca, cosiccome la devianza eretica: ci si lascia sedurre da altro che non dall'unico bene).

Tasso si tradisce

25) Potremmo dire che in un certo senso Tasso si tradisce, o meglio, mostra appieno la lacerazione della sua coscienza: aderisce certamente al codice cristiano, ma sente il fascino dell’altro codice, quello pagano che, sorprendentemente, rimanda ad ideali e valori propri del Rinascimento (l’onore, il coraggio, la lealtà, la virtù nelle armi): non a caso a questi ideali fa riferimento la pagana Clorinda quando chiede ed ottiene da Aladino la liberazione di Olindo e Sofronia (ci dobbiamo affidare al valore guerriero, dice, non alla magia nera); laddove Goffredo, quando si rivolge all’esercito per sollecitarlo all’ultima impresa, sostiene che le vittorie dei cristiani sono soprattutto “opera del Cielo”). Di qui quello che i lettori hanno sempre avvertito, ovvero la freddezza dei personaggi positivi (Goffredo, Pier l'eremita) e la simpatia per gli sconfitti (da Satana, appunto, che appare come un campione del libero pensiero, ai “compagni erranti”, tipo Rinaldo e Tancredi, che si lasciano sedurre dall'"avventura" invece di corrispondere al "servizio"). Si direbbe insomma che Tasso aveva qualche ragione quando si faceva esaminare dall’Inquisizione: sentiva che la sua coscienza era autenticamente lacerata, sottoposta ad impulsi contrastanti.

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