sabato 11 gennaio 2020

I tormenti di Tasso (I parte)


I tormenti di Tasso



Premessa: Tasso tormentato fino alla pazzia

1) Abbiamo discusso un po’ sul titolo da dare a questo mio intervento, alla fine ho “imposto” questo, “I tormenti di Tasso”, perché questo è l’aspetto che mi ha sempre affascinato di Tasso, appunto il suo essere perennemente tormentato, mai in pace con se stesso, inquieto e inquietante, lacerato da contraddizioni tali da condurlo al manicomio. Non so se lo sapete, ma Tasso, per volere del duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, fu rinchiuso nel manicomio di Sant’Anna per ben 7 anni, dal 1579 al 1586 (aveva dato in escandescenze al matrimonio del duca; in un’altra occasione aveva lanciato un coltello contro un servo; aveva manie di persecuzione).

La suggestione di Berto

2) Ricordo che da ragazzo non avevo capito, e tanto meno amato, la poesia di Tasso. Ho cominciato a interessarmi a lui all’università, figurarsi, quando leggevo Il male oscuro di Giuseppe Berto. Berto, che in quel romanzo racconta delle ansie e delle nevrosi che lo facevano stare male fisicamente, a un certo punto si sente colpito da quel male oscuro proprio mentre stava passando in auto dalle parti di Ferrara e gli viene in mente che potrebbe farsi ricoverare al Sant’Anna, tanto sente simile il suo male al male di Tasso.

La predilezione dei romantici

3) Poi ho scoperto che Tasso è stato un mito per i grandi romantici dell’Ottocento: per Leopardi, anzitutto, ma Goethe, Byron, Stendhal avevano voluto visitare il Sant’Anna e gli ultimi due addirittura si erano fatti rinchiudere nella cella in cui era stato rinchiuso Tasso, per provare le sue stesse sensazioni, per sentirsi simili a lui.

La sensibilità per eros e thanatos

4) Ho quindi cominciato a leggere la sua opera, in particolare la Gerusalemme Liberata, e ne sono rimasto affascinato. Se dovessi dire che cosa mi affascina di Tasso – oltre alle particolari inquietudini di cui parlerò – è il fatto che si tratta di un poeta dotato di una straordinaria sensibilità per l’amore e per la morte. Freud diceva che eros e thanatos, appunto l’amore e la morte, l’istinto di vita e l’istinto di distruzione ad autodistruzione,  sono le due pulsioni fondamentali che determinano la vita umana. Ci sono dei poeti particolarmente sensibili, e Tasso è uno di questi, all’eros e allo stesso tempo impauriti ed attratti dal pensiero della morte. A questa categoria, secondo me, appartengono altri due poeti, quanto mai distanti da Tasso, ma a lui vicini per questo aspetto: uno è Petrarca e un altro è Pascoli.

Opportunità del confronto fra Liberata e Furioso

5) Tasso ha scritto anche altre opere di diverso genere, ma il suo capolavoro è senz’altro il poema la Gerusalemme liberata, e io parlerò di questo, spesso confrontandolo con l’Orlando furioso, il poema di argomento cavalleresco che Ariosto aveva elaborato un cinquantennio prima presso la stessa corte di Ferrara, perché da questo confronto meglio risaltano quelli che ho chiamato “i tormenti di Tasso”.   

Un autore difficile

6) Devo confessare che, preparando questo intervento, qualche pentimento l’ho avuto sulla scelta dell’argomento, perché Tasso non è un poeta di facile lettura, ha un tono aulico, sia come lessico che come sintassi, quindi, siccome leggerò delle ottave, temo che non siano sempre di immediata comprensione. Oltre a ciò, ho dovuto selezionare alcuni episodi, più funzionali alla mia interpretazione, tralasciandone altri altrettanto interessanti.

Il viaggiatore inquieto

7) L’inquietudine di Tasso si manifesta già nel suo passare di corte in corte senza mai fermarsi definitivamente. Nei primi anni segue il padre, Bernardo, che era anche lui un letterato e gentiluomo di corte, ora a Urbino presso i Della Rovere, poi a Venezia, a Padova, a Mantova; quindi a Ferrara, dal 1565 al 1575, gli anni forse più sereni della sua vita, e gli anni della composizione delle opere più significative: una favola pastorale, l’Aminta, e il poema eroico, la Liberata. Poi ricomincia a girovagare: Roma, Sorrento (dove era nato e dove viveva sua sorella), Mantova, Urbino, Torino, quindi di nuovo Ferrara, infine Roma dove morirà nel 1595.

Ariosto autore del Rinascimento

8) Consideriamo ora il contesto storico culturale in cui si trova ad operare Tasso, e, per meglio capire le sue problematiche, confrontiamolo con quello in cui, appena mezzo secolo prima, nella stessa Ferrara, si era trovato ad operare Ariosto. Ariosto era vissuto nel pieno Rinascimento, nell’età in cui l’uomo, con la sua intelligenza e le sue capacità, era al centro di tutto; un’età laica, in cui il poeta non sentiva vincoli alla propria creatività, poteva dare libero sfogo alla fantasia, senza scrupoli morali e religiosi e senza la preoccupazione di dover seguire delle regole precise per la composizione del suo poema: e il Furioso è lì a dimostrarcelo, con la miriade di avventure che si intrecciano, che si interrompono, si riprendono, senza altra regola che il piacere che possono dare “le donne, i cavallier, l’armi, gli amori / le cortesie, l’audaci imprese” che il poeta canta. 

Tasso autore dell’età della Controriforma

9) Con Tasso siamo nella seconda metà del Cinquecento, negli anni della cosiddetta Controriforma, gli anni in cui la Chiesa di Roma, tramite la Santa Inquisizione, controlla e condanna tutto ciò che è sospetto di eresia. Naturalmente gli intellettuali, gli scrittori, i produttori di cultura, sono particolarmente nel mirino. Il tempo della libertà creativa è finito, c’è un ritorno forte del motivo religioso, sia all’interno delle coscienze, come autentica ansia morale, sincero tormento per il peccato, sia all’esterno, perché c’è la paura di essere inquisiti e condannati per eresia. Significativamente, il secolo si chiude con la condanna al rogo di Giordano Bruno (Campo dei fiori, 17 febbraio del 1600).

10) Non c’è dubbio che questa atmosfera si riversi come un’ossessione su Tasso, il quale per tutta la vita è tormentato da dubbi morali, addirittura chiede lui stesso di essere esaminato dall’Inquisizione, rivede e corregge il poema, toglie e aggiunge, al fine di produrre un’opera che non contenga ambiguità dottrinali, che sia riconosciuta come perfettamente ortodossa. Non so se lo sapete, alla fine ha rivisto il poema portandolo da 20 a 24 canti, togliendo alcuni episodi e intitolandolo Gerusalemme conquistata. Ma questo rifacimento sarà presto dimenticato, per i lettori il capolavoro resterà sempre la Liberata.

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