I
tormenti di Tasso
Premessa: Tasso tormentato fino alla pazzia
1) Abbiamo
discusso un po’ sul titolo da dare a questo mio intervento, alla fine ho “imposto”
questo, “I tormenti di Tasso”, perché
questo è l’aspetto che mi ha sempre affascinato di Tasso, appunto il suo essere
perennemente tormentato, mai in pace con se stesso, inquieto e inquietante, lacerato da contraddizioni tali da
condurlo al manicomio. Non so se lo sapete, ma Tasso, per volere del
duca di Ferrara, Alfonso II d’Este, fu rinchiuso nel manicomio di Sant’Anna
per ben 7 anni, dal 1579 al 1586 (aveva dato in escandescenze al matrimonio
del duca; in un’altra occasione aveva lanciato un coltello contro un servo;
aveva manie di persecuzione).
La suggestione di Berto
2) Ricordo che
da ragazzo non avevo capito, e tanto meno amato, la poesia di Tasso. Ho
cominciato a interessarmi a lui all’università, figurarsi, quando leggevo Il male oscuro
di Giuseppe Berto. Berto, che in quel romanzo racconta delle ansie e
delle nevrosi che lo facevano stare male fisicamente, a un certo punto si sente
colpito da quel male oscuro proprio mentre stava passando in auto dalle parti
di Ferrara e gli viene in mente che potrebbe farsi ricoverare al Sant’Anna,
tanto sente simile il suo male al male di Tasso.
La predilezione dei romantici
3) Poi ho
scoperto che Tasso è stato un mito
per i grandi romantici dell’Ottocento: per Leopardi, anzitutto, ma
Goethe, Byron, Stendhal avevano voluto visitare il Sant’Anna e gli ultimi due addirittura
si erano fatti rinchiudere nella cella in cui era stato rinchiuso Tasso, per
provare le sue stesse sensazioni, per sentirsi simili a lui.
La sensibilità per eros e thanatos
4) Ho quindi
cominciato a leggere la sua opera, in particolare la Gerusalemme Liberata, e ne sono rimasto affascinato. Se dovessi
dire che cosa mi affascina di Tasso – oltre alle particolari inquietudini di
cui parlerò – è il fatto che si tratta di un poeta dotato di una straordinaria sensibilità per l’amore e per la
morte. Freud diceva che eros e thanatos, appunto l’amore e la morte, l’istinto di vita e
l’istinto di distruzione ad autodistruzione,
sono le due pulsioni fondamentali che determinano la vita umana. Ci sono dei poeti particolarmente
sensibili, e Tasso è uno di questi, all’eros e allo stesso tempo impauriti ed
attratti dal pensiero della morte. A questa categoria, secondo me,
appartengono altri due poeti, quanto mai distanti da Tasso, ma a lui vicini per
questo aspetto: uno è Petrarca e un altro è Pascoli.
Opportunità del confronto fra Liberata e Furioso
5) Tasso ha
scritto anche altre opere di diverso genere, ma il suo capolavoro è senz’altro il poema la Gerusalemme liberata, e io parlerò di questo, spesso
confrontandolo con l’Orlando furioso,
il poema di argomento cavalleresco che Ariosto aveva elaborato un cinquantennio
prima presso la stessa corte di Ferrara, perché da questo confronto meglio risaltano quelli che ho chiamato
“i tormenti di Tasso”.
Un autore difficile
6) Devo
confessare che, preparando questo intervento, qualche pentimento l’ho avuto
sulla scelta dell’argomento, perché Tasso
non è un poeta di facile lettura, ha un tono aulico, sia come lessico
che come sintassi, quindi, siccome leggerò delle ottave, temo che non siano
sempre di immediata comprensione. Oltre a ciò, ho dovuto selezionare alcuni episodi, più funzionali alla
mia interpretazione, tralasciandone altri altrettanto interessanti.
Il viaggiatore inquieto
7) L’inquietudine
di Tasso si manifesta già nel suo passare di corte in corte senza mai fermarsi
definitivamente. Nei primi anni segue il padre, Bernardo, che era anche lui un
letterato e gentiluomo di corte, ora a Urbino presso i Della Rovere, poi a
Venezia, a Padova, a Mantova; quindi a
Ferrara, dal 1565 al 1575, gli anni forse più sereni della sua vita, e gli anni
della composizione delle opere più significative: una favola pastorale,
l’Aminta, e il poema eroico, la Liberata. Poi ricomincia a
girovagare: Roma, Sorrento (dove era
nato e dove viveva sua sorella), Mantova, Urbino, Torino, quindi di nuovo
Ferrara, infine Roma dove morirà nel 1595.
Ariosto autore del Rinascimento
8) Consideriamo ora il contesto storico
culturale in cui si trova ad operare Tasso, e, per meglio capire le sue
problematiche, confrontiamolo con quello in cui, appena mezzo secolo prima,
nella stessa Ferrara, si era trovato ad operare Ariosto. Ariosto era vissuto nel pieno Rinascimento, nell’età in cui l’uomo,
con la sua intelligenza e le sue capacità, era al centro di tutto; un’età laica, in cui il poeta non sentiva vincoli alla propria
creatività, poteva dare libero sfogo alla fantasia, senza scrupoli morali e
religiosi e senza la preoccupazione di dover seguire delle regole precise
per la composizione del suo poema: e il Furioso
è lì a dimostrarcelo, con la miriade di
avventure che si intrecciano, che si interrompono, si riprendono, senza altra
regola che il piacere che possono dare “le
donne, i cavallier, l’armi, gli amori / le cortesie, l’audaci imprese” che
il poeta canta.
Tasso autore dell’età della Controriforma
9) Con Tasso siamo
nella seconda metà del Cinquecento, negli anni
della cosiddetta Controriforma, gli anni in cui la Chiesa di Roma, tramite la Santa Inquisizione, controlla e condanna
tutto ciò che è sospetto di eresia. Naturalmente gli intellettuali, gli
scrittori, i produttori di cultura, sono particolarmente nel mirino. Il tempo della libertà creativa è finito,
c’è un ritorno forte
del motivo religioso, sia all’interno delle coscienze, come autentica
ansia morale, sincero tormento per il peccato, sia all’esterno, perché c’è la paura di essere inquisiti e condannati
per eresia. Significativamente, il secolo si chiude con la condanna al
rogo di Giordano Bruno (Campo dei fiori, 17 febbraio del 1600).
10) Non c’è
dubbio che questa atmosfera si riversi come un’ossessione su Tasso, il quale
per tutta la vita è tormentato da dubbi morali, addirittura chiede lui
stesso di essere esaminato dall’Inquisizione, rivede e corregge il
poema, toglie e aggiunge, al fine di produrre un’opera che non contenga
ambiguità dottrinali, che sia riconosciuta come perfettamente ortodossa. Non so
se lo sapete, alla fine ha rivisto il
poema portandolo da 20 a 24 canti, togliendo alcuni episodi e intitolandolo Gerusalemme conquistata. Ma questo
rifacimento sarà presto dimenticato, per i lettori il capolavoro resterà sempre
la Liberata.
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