L’ossessione per le regole
11) Ma
l’ossessione dell’ortodossia lo perseguita non solo sul piano delle regole
religiose, ma anche su quello delle regole artistiche. Come c’è
un’ortodossia religiosa, c’è un’ortodossia poetica da seguire, ed è
quella indicata dalla Poetica di Aristotele per il poema epico (la
pubblicazione della nuova traduzione del padovano Francesco Robortello,
aveva acceso le discussioni su quel testo). A differenza di Ariosto, che compone
liberamente, seguendo la propria fantasia e il proprio senso interiore della
giusta misura (dell’armonia), Tasso vuole comporre un poema che non
deroghi dalle regole aristoteliche, relative alle unità di tempo, di luogo, di
azione, di protagonista.
Tasso cerca l’unità, che invece esiste a priori per
Ariosto e Dante
12) L’obiettivo
che Tasso persegue è l’unità, l’unità contro la molteplicità, l’unità contro la
dispersione. E questo è già significativo, sembra
che Tasso senta se stesso lacerato, frantumato, e cerchi un centro in cui
ricomporre in maniera unitaria la propria coscienza. Di questa ossessiva
ricerca non aveva bisogno Ariosto,
nella cui coscienza, e dunque nella sua opera, esisteva a priori una unità
antropocentrica, come, qualche secolo prima, non ne aveva bisogno Dante, la cui opera esprime una unità
teocentrica che è già indubitabile nella sua coscienza.
Le singole unità, assenti nel Furioso
13) E dunque, per Tasso ci deve essere unità di tempo, il che vuol dire che le
vicende si devono svolgere in un tempo definito (nel caso della Liberata, si tratta degli ultimi mesi
dell’assedio di Gerusalemme da parte dei crociati fino alla sua conquista),
laddove nel Furioso non c’è assolutamente questa preoccupazione, le vicende si
svolgono in un tempo indefinito e indefinitamente aperto.
14) Anche il luogo deve essere unitario,
in questo caso Gerusalemme. Ogni fuoriuscita da questo luogo (cosa che infatti
succede a cavalieri – Rinaldo e Tancredi – che si fanno attrarre da altro che
non dal dovere di compiere la missione di liberare il santo sepolcro) deve
prevedere il rientro: a questo luogo – e
a questo dovere – tutto deve ritornare. Nel Furioso invece i
luoghi variano continuamente, dal reale all’immaginario, dalla Francia
all’Africa all’Asia, addirittura alla luna.
15) Unitaria deve essere l’azione (l’assedio
e la conquista di Gerusalemme) e unico
deve essere il protagonista (Goffredo, scelto da Dio perché porti a
termine l’impresa). Le digressioni, ovvero le avventure di Rinaldo e
Tancredi, sono devianze che si esauriscono con il rientro nell’azione centrale. Nel
Furioso le azioni sono molteplici (o tutt’al più riconducibili a tre
grandi filoni: la guerra fra
cristiani e pagani, la pazzia di Orlando, le vicende di Ruggero) e non esiste, malgrado il titolo, un solo
protagonista (Rinaldo e Ruggero stanno alla pari con Orlando).
16) Per questo,
è stato detto, la Liberata è una “opera chiusa”,
nel senso che è ben delimitata nell’inizio (Dio, tramite l’arcangelo
Gabriele, affida a Goffredo il comando supremo perché sia liberato il santo
sepolcro) e nella conclusione (Goffredo scioglie il voto
inginocchiandosi davanti al santo sepolcro liberato). Il Furioso invece è una
“opera aperta”, perché, se l’avete presente, non ha un vero inizio, comincia
in medias res in quanto riprende la
storia interrotta nell’Orlando innamorato di Boiardo, e non ha una
vera conclusione, visto che l’ultimo episodio – il duello fra Ruggero e
Rodomonte – è solo un episodio come tanti, non ha valore risolutivo, si
potrebbe continuare benissimo con altri canti e altri episodi.
La storicità
17) Inoltre nel
poema di Tasso le vicende devono avere una base storica,
non devono essere di pura invenzione (nel caso della Liberata, si tratta della prima crociata, guidata da Goffredo di
Buglione alla fine dell’XI secolo) e tutto
ciò che si inventa su questa base deve essere verosimile. La verità
storica invece non interessava né Ariosto né Boiardo: nel Furioso si parla di una
battaglia di Parigi, che non è mai esistita, l’unico personaggio storico è
il re Carlo, ma le sue vicende, come quelle dei personaggi del poema, sono pura
invenzione.
18) Per questo
aspetto non conta tanto l’ossessione per le regole, conta soprattutto
l’ossessione religiosa. Per Tasso la
storicità delle vicende che si narrano è fondamentale per il valore moralmente
educativo che l’opera deve avere. Concedersi alla pura invenzione vuol
dire lasciarsi sedurre dal piacere, e questo è moralmente diseducativo. Fateci
caso, la rivendicazione del vero storico come base dell’opera letteraria è
tipica degli scrittori cattolici. Manzoni
grosso modo si attiene allo stesso principio: con i Promessi sposi scrive un romanzo storico e ciò che è inventato
deve essere rigorosamente verosimile.
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