martedì 18 novembre 2025

AMORE E MORTE: DA FREUD A LUCREZIO (II parte)

 

Eros e Thanatos, libido e destrudo

1)    Le due pulsioni vengono poi identificate rispettivamente con il nome di Eros (la pulsione che si manifesta nella sessualità, ma che, in senso più ampio, è quella che tende “a conservare e a unire”, come dice nella suddetta lettera, ovvero, come dice altrove, a “legare la sostanza vivente in unità sempre più larghe”) e Thanatos (morte in greco: la pulsione che tende “a distruggere e uccidere”). L’energia di cui le pulsioni sono cariche viene chiamata libido (per Eros) e destrudo[1] (per Thanatos). Freud aggiunge che una pulsione non agisce “isolatamente”, ma è “vincolata… con un certo ammontare della controparte”, ovvero con la pulsione opposta, ma complementare.

Thanatos, l’aspirazione allo stato inanimato e la correzione

2)    Qualcosa di più va detto su Thanatos, la pulsione di morte. Anzitutto Freud ipotizza che essa appartenga a tutta la materia vivente, la quale aspira a ritornare allo stato inorganico “a cui l’essere vivente è stato costretto a rinunziare sotto l’incalzare di forze perturbatrici esterne”; così scrive in Al di là del principio del piacere:

L’essere vivente elementare sarebbe rimasto volentieri immobile sin dall’inizio della sua esistenza, non avrebbe chiesto di meglio che di condurre un genere di vita uniforme, in condizioni invariabili… A un certo momento l’intervento di una forza, sulla cui natura non possiamo farci alcuna idea, ha risvegliato nella materia inanimata le caratteristiche della vita… la tensione che allora si produsse in una sostanza, fino a quel momento inanimata, cercò di autoeliminarsi. Così nacque la prima pulsione: quella di ritornare allo stato inanimato… Per lungo tempo la sostanza vivente doveva così nascere e morire facilmente, finché fattori decisivi esterni produssero alterazioni tali da costringere la sostanza ancora in vita a deviazioni sempre più grandi dal suo cammino biologico originario e a détours (giri tortuosi) sempre più complicati prima di arrivare alla meta finale, la morte.

3)    Freud sta parlando qui di una proprietà che appartiene a tutte le pulsioni, ovvero la “tendenza inerente alla vita organica a ripristinare uno stato anteriore”, una tendenza alla morte che si realizza in maniera più o meno semplice a seconda che l’organismo vivente sia più o meno complesso. Ma questo punto Freud interrompe il ragionamento e si corregge:

Ma fermiamoci un momento a riflettere. Le cose non possono stare così. Le pulsioni sessuali… appaiono sotto un aspetto completamente diverso… Sono le pulsioni di vita nel vero senso della parola. Esse agiscono in senso inverso allo scopo delle altre pulsioni, il cui funzionamento conduce alla morte, e questo fatto indica appunto che c’è un’opposizione con le altre pulsioni… (E’ come se la vita dell’organismo procedesse con un ritmo incerto: un gruppo di pulsioni si precipita a raggiungere lo scopo finale; ma una volta raggiunta una certa tappa di questo cammino, l’altro gruppo torna indietro, sino a un certo limite, per ripartire di nuovo e prolungare, di conseguenza, il viaggio).

4)    E’ dunque affermata qui – dopo ripensamenti, correzioni di precedenti ipotesi ed anche contraddizioni – l’esistenza di due pulsioni che coesistono, ma sono in opposizione, la pulsione di vita (Eros) e la pulsione di morte (Thanatos).

La destrudo si manifesta come aggressività verso l’esterno

5)    Ma come si manifesta la destrudo, ovvero l’energia di cui è portatrice la pulsione di morte? Scrive Freud ne Il disagio della civiltà:

Non fu facile documentare l’attività di questa pulsione di morte. Le manifestazioni di Eros balzavano agli occhi; per contro si poteva supporre che la pulsione di morte lavorasse silenziosamente all’interno dell’organismo verso la sua dissoluzione, ma questo naturalmente non provava nulla. Più promettente l’idea che parte della pulsione si dirigesse verso il mondo esterno e diventasse quindi visibile come pulsione all’aggressione e alla distruzione. La pulsione medesima, in tal modo,… distruggeva qualcos’altro, animato o inanimato, invece di se stesso.

In altre parole, qui si dice che la pulsione di morte, invece di agire “all’interno dell’organismo verso la sua dissoluzione” (come era esclusivamente nell’ipotesi che abbiamo visto descritta in Al di là del principio del piacere), mira a “distruggere qualcos’altro, animato o inanimato, invece di se stesso”. E questo equivale a dire che la destrudo tende a scaricare la sua energia con la crudeltà, la violenza, la guerra.

Il pessimismo sulla inevitabilità della guerra

6)    Ne conseguono alcune affermazioni di Freud improntate a un radicale pessimismo sulla condizione e sulle prospettive dell’umanità; così ne Il disagio della civiltà:

Per ognuno di noi viene il momento di lasciar cadere come illusioni le speranze che ripone in gioventù sui propri simili, e di sperimentare quanto la vita gli è resa gravosa dalla loro malevolenza.

(alla civiltà) si oppone la naturale pulsione aggressiva dell’uomo, l’ostilità di ciascuno contro tutti e di tutti contro ciascuno.

E così ne L’avvenire di un’illusione:

Sembra che ogni civiltà debba edificarsi sulla coercizione e sulla rinuncia pulsionale… Si deve, a mio parere, tener conto del fatto che in tutti gli uomini sono presenti tendenze distruttive, e perciò antisociali e ostili alla civiltà.

           E ancora in una conferenza del 1915, tenuta a Vienna nel corso della I guerra  mondiale:

Non esiste in noi alcun ribrezzo istintivo per lo spargimento di sangue. Noi siamo i discendenti di una serie infinita di generazioni di assassini. La brama di uccidere l’abbiamo nel sangue, e la ritroveremo forse presto in un altro luogo.

E in un’altra conferenza, sempre del 1915, su Noi e la morte:

Nel nostro inconscio rimaniamo ancor oggi una masnada di assassini.

7)    Dunque la guerra pare inevitabile, in quanto corrisponde ad una pulsione che agisce nel profondo, nel subconscio, e che non è possibile eliminare; e i motivi ideali, con cui spesso la si motiva, non sono che un paravento della pulsione aggressiva e distruttiva. Così nella già citata lettera di risposta ad Einstein:

Lei si meraviglia che sia tanto facile infiammare gli uomini alla guerra, e presume che in loro ci sia effettivamente una pulsione all’odio e alla distruzione … Non posso far altro che convenire senza riserve con lei. Noi crediamo all’esistenza di tale istinto (…) Pertanto, quando gli uomini vengono incitati alla guerra, può far eco in loro un’intera serie di motivi consenzienti, nobili e volgari, alcuni di cui si parla apertamente e altri che vengono taciuti … Il piacere di aggredire e distruggere ne fa certamente parte, innumerevoli crudeltà della storia e della vita quotidiana confermano la loro esistenza e la loro forza … Talvolta, quando sentiamo parlare delle atrocità della storia, abbiamo l’impressione che i motivi ideali servissero da paravento alle brame di distruzione (…). Non c’è speranza nel voler sopprimere le tendenze aggressive degli uomini. Si dice che in contrade felici, dove la natura offre a profusione tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, ci sono popoli la cui vita scorre nella mitezza, presso cui la coercizione e l’aggressione sono sconosciute. Posso a malapena crederci, mi piacerebbe saperne di più su questi popoli felici. Anche i bolscevichi sperano di far scomparire l’aggressività umana, garantendo il soddisfacimento dei bisogni materiali e stabilendo l’uguaglianza tra i membri della comunità. Io la ritengo un’illusione.

Mie osservazioni sul persistere delle guerre

8)    Che dire? Le stragi e le distruzioni cui assistiamo con orrore nelle guerre dei nostri tempi, guerre condotte con armi sempre più sofisticate e dunque sempre più micidiali, non sono molto diverse dalle stragi e distruzioni compiute nel passato da eserciti armati di spade, lance, frecce, arieti e catapulte. Io conosco un po’ la storia romana e ricordo che grandi città come Cartagine in Africa, Corinto in Grecia, Numanzia in Spagna, una volta conquistate furono rase al suolo e i loro cittadini uccisi a migliaia o venduti come schiavi. Per conquistare la Gallia Cesare uccise più di un milione di uomini, e non si risparmiavano certo i civili, compresi vecchi, donne e bambini, e aggiungo anche gli animali domestici, come più volte è testimoniato dagli stessi storici latini. E non parliamo di popoli ancora primitivi e selvaggi, ma di popoli, quale quello romano così come quello greco, che avevano raggiunto un alto grado di civiltà, come è dimostrato dalla produzione letteraria e filosofica. Del resto, per tornare al presente della civilissima Europa, pensiamo alla notizia molto recente sui cosiddetti “turisti-cecchini”, cioè su ricchi europei che pagavano (non erano pagati, pagavano loro!) per potere andare sulle colline di Sarajevo e sparare dall’alto sui civili inermi, in particolare su donne e bambini.

Necessità di limitare la pulsione di morte

9)    Ma seguiamo il ragionamento di Freud fino alla conclusione del suo saggio su Il disagio della civiltà. L’esistenza di questa tendenza all’aggressione e alla distruzione è una continua minaccia per la “società incivilita”, la quale dunque “deve far di tutto per porre limiti alle (suddette) pulsioni aggressive dell’uomo”. La civiltà, aggiunge Freud,

è un processo al servizio dell’Eros, che mira a raccogliere prima individui sporadici, poi famiglie, poi stirpi, popoli, nazioni, in una grande unità: il genere umano. Perché questo debba accadere non lo sappiamo, è appunto opera dell’Eros… Ma a questo programma della civiltà si oppone la naturale pulsione aggressiva dell’uomo… questa pulsione è figlia e massima rappresentante della pulsione di morte, che abbiamo trovato accanto all’Eros e ne condivide il dominio sul mondo. Ed ora, mi sembra, il significato dell’evoluzione civile non è più oscuro. Indica la lotta fra Eros e Morte, tra pulsione di vita e pulsione di distruzione, come si attua nella specie umana. Questa lotta è il contenuto essenziale della vita e perciò l’evoluzione civile può definirsi in breve come la lotta per la vita della specie umana.



[1] Chiarisco che Freud ha usato questo termine una sola volta, nell’opera L’Io e l’Es (1923); sono stati studiosi successivi ad usarlo per riferirsi appunto all’energia della pulsione di morte.

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