venerdì 27 maggio 2022

Pascoli (III parte)

 


                                                         Pascoli in campagna


                                                     Pascoli accademico

Il fanciullino e il veggente

17) Queste modalità espressive corrispondono all’idea che Pascoli ha del poeta, perché il poeta, per Pascoli, non vede la realtà come la vede l’uomo adulto che la inquadra entro schemi razionali, o la descrive oggettivamente con metodo scientifico. Il poeta è un fanciullo che non possiede categorie razionali e scientifiche, ma intuisce la verità profonda delle cose, vede fra le cose delle relazioni, delle corrispondenze, che sfuggono alla percezione abituale e che invece il fanciullo coglie ed esprime con le sue capacità analogiche e sinestetiche.

18) Il poeta è dunque un “veggente”, “voyant”, come diceva Rimbaud. E pare incredibile che un uomo dalla vita semplice, un poeta amante delle piccole cose della campagna, sia accostabile a un poeta maledetto e trasgressivo come Rimbaud. Eppure, sentite Rimbaud che dice che “il poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato dereglement (sregolatezza, disordine, deragliamento) di tutti i sensi”, dunque il poeta deve fare uscire i sensi dai binari lungo i quali l’uomo abitualmente percepisce la realtà; e in tal modo si immerge come un palombaro sotto il velo delle apparenze quotidiane e giunge ad una verità più profonda, “giunge all’ignoto!  continua Rimbaud –  e anche se, sbigottito, finisse col perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrà pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili… Dunque il poeta è un ladro di fuoco. Ha l’incarico dell’umanità, degli animali addirittura; egli dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni; se ciò che riporta di laggiù ha forma, egli dà forma, se è informe, egli dà l’informe.

19) Pascoli, con un linguaggio non così aggressivo, ma pacato, esprime concetti simili quando enuncia la sua poetica del fanciullino: il poeta è colui che dà voce al fanciullo che è dentro di noi, una voce che l’uomo adulto e razionale non riesce più a sentire; il fanciullo vede la realtà con occhi diversi, ma proprio per questo è capace di vedere ciò che i sensi e la ragione, che corrono lungo i binari abituali, non riescono a vedere:

Egli è quello, dunque, che ha paura al buio, perchè al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei. Egli è quello che piange e ride senza perchè, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione…. Egli scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario. E a ciò lo spinge meglio stupore che ignoranza, e curiosità meglio che loquacità: impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare….Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perchè d’un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporta nell’abisso della verità... Tu sei il fanciullo eterno, che vede tutto con maraviglia, tutto come per la prima volta. L’uomo le cose interne ed esterne, non le vede come le vedi tu.

20) Dunque il poeta vede una realtà diversa, potremmo dire deformata, perché vede piccolo ciò che è grande e grande ciò che è piccolo; vede “somiglianze e relazioni” “che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione” e così facendo “ci trasporta nell’abisso della verità”, immediatamente, “d’un tratto, senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero”, cioè senza farci percorrere le tappe di un ragionamento logico. Non si può negare che Pascoli dica con altre parole ciò che diceva Rimbaud. Il poeta dunque, anche se Pascoli lo chiama “fanciullino”, è un “voyant”, un veggente, o anche, come piace dire a me, un visionario. Dopo di che bisogna dire che i poeti maledetti francesi non disdegnavano le droghe per raggiungere quella “sregolatezza” o “deragliamento” dei sensi di cui parla Rimbaud. E certo questa non era una pratica a cui poteva dedicarsi il mite Pascoli. E però a questo punto si usa fare una battuta, ricordando che il poeta romagnolo molto apprezzava il Sangiovese e forse questo gli bastava… ma è una battuta. E’ una battuta per quanto riguarda la produzione poetica, ma è accertato che Pascoli facesse abuso di vino e di cognac, tanto che morì di cirrosi epatica.

Il lampo

21) Vediamo ora una poesia particolarmente visionaria, Il lampo, molto semplice, di pochi versi (metro: endecasillabi):

E cielo e terra si mostrò qual era:

 

la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:

bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d’un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s’aprì si chiuse, nella notte nera.

 

E’ rappresentata l’impressione di un attimo, l’attimo in cui la luce improvvisa di un lampo illumina cielo e terra. Ma notate come quella terra “ansante, livida, in sussulto” sembri una persona sofferente, anzi, agonizzante, sovrastata da un cielo “ingombro, tragico, disfatto” che contribuisce a rafforzare quell’atmosfera angosciante e minacciosa. Alla luce improvvisa del lampo compare per un attimo una casa “bianca bianca”, sembra l’evocazione di un altro mondo, un’altra dimensione, che però, “apparì sparì d’un tratto”.

22) Ma quello che sconcerta è il paragone che chiude il componimento: quella casa che appare e scompare è paragonata ad un occhio “largo, esterrefatto” che si apre e si chiude per piombare nella “notte nera”. Sconcerta perché non vediamo il nesso logico che spieghi la presenza di quell’occhio, accostato agli altri elementi del paesaggio. Sembra un quadro surrealista, dove vediamo la terra, il cielo, la casa bianca e l’occhio, grande quanto la casa. Ci ha pensato Pascoli a suggerirci che quell’occhio è l’occhio del padre morente che si apre per l’ultima volta prima di chiudersi per sempre. Ecco le sue parole in una prefazione rimasta inedita:

I pensieri che tu, o padre mio benedetto, facesti in quel momento… Il momento fu rapido… ma i pensieri non furono brevi e pochi. Quale intensità di passione! Come un lampo in una notte buia: dura un attimo e ti rivela tutto un cielo pezzato, lastricato, squarciato, affannato, tragico; una terra irta, piena d’alberi neri che si inchinano e si svincolano, e case e croci.

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