La svolta di Satura
Drusilla Tanzi (Mosca) |
1.
Satura è pubblicata nel 1971, e
raccoglie poesie scritte dopo il 1964 (quindi dopo un lungo silenzio,
coincidente con il periodo del boom
economico e con l’affermarsi della moderna società di massa). Sono ancora
quattro sezioni: Xenia I e Xenia
II (il termine indicava in latino i
doni che si fanno ad un ospite nel momento in cui abbandona la casa che lo ha
accolto; le poesie sono infatti “donate”, come un’offerta votiva, alla moglie
morta. Drusilla Tanzi, indicata col senhal
di Mosca); Satura I e Satura II, in
cui prevalgono temi polemici e parodici (il titolo, che è anche quello della
raccolta, indica sia l’intento satirico dei componimenti, sia, nel suo
significato etimologico di satura lanx,
la varietà degli argomenti e dei motivi ispiratori).
2.
La novità (una vera e propria svolta) consiste nell’abbassamento del tono, sia nelle scelte
tematiche che lessicali; è una poesia
che tende alla prosa, che sembra rinunciare ad ogni ricercatezza retorica e
che, tematicamente, prende spunto da episodi della quotidianità, privati, o
comunque di cronaca più che di storia. Si veda in Piove la chiara parodia
de La pioggia nel pineto di
dannunziana memoria o ne La poesia l’effetto dissacratorio ottenuto usando facili
rime baciate (questione-ispirazione,
produce-conduce, surgelante-importante); ma si veda anche la polemica Lettera a Malvolio, in cui Montale
rivendica la propria coerenza intellettuale ed accusa
l’interlocutore-antagonista (Pasolini) di opportunismo.
3.
Caratteristica è anche l’autocitazione parodica, con cui
l’autore riprende, ironicamente, motivi e oggetti di sue poesie precedenti (c’è
quasi una negazione del valore simbolico e cognitivo che quegli elementi
possedevano originariamente; e comunque, certamente, un sorridere sulla presunzione della propria poesia, ma anche,
ambiguamente, un voler riproporre, su un registro più basso, la dignità e la coerenza del proprio
percorso intellettuale: si veda in Botta
e risposta I la molteplicità di riferimenti a cose e persone degli Ossi e delle Occasioni).
Mosca
4.
Quanto a Mosca, si tratta di una figura
femminile ben diversa sia da Clizia (di cui non possiede la valenza divina e
salvifica) che da Volpe (di cui non possiede la vitalità quasi animalesca): la
sua capacità è quella di vedere (pur
essendo le sue pupille “tanto offuscate”)
dietro il velo della realtà che appare, di riconoscere e demistificare gli
inganni delle ideologie, e dunque di guidare, col suo solido buon senso, il
poeta stesso nel groviglio del mondo. Dunque si potrebbe dire che la figura di
Clizia sta a quella di Mosca come la poesia delle raccolte precedenti (con il
suo tono alto, i suoi rimandi metafisici, le sue allegorie) sta alla poesia di Satura (con il suo tono basso, che non
vagheggia grandi valori, ma che tuttavia non rinuncia ad esistere e a
pronunciare qualche parola di verità). Leggiamo Ho sceso dandoti il braccio:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
5. Ma sono
anche le poesie in cui ricorre il
pensiero dei morti, in cui torna
l’idea di una contiguità fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. E’
un’idea molto pascoliana e già presente ne Le
occasioni (ricordate La casa dei
doganieri e quel verso finale: “Ed io
non so chi va e chi resta”), ma anche ne La bufera (L’arca, A mia
madre, Voce giunta con le folaghe, Proda di Versilia). Ed ecco in Satura, una poesia di quattro versi,
dedicata Mosca:
Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
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