martedì 11 aprile 2017

(III) La poesia di Montale: Clizia, l'angelo visitatore


Clizia e Nuove stanze
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Irma Brandeis (Clizia)


1.      Ma la figura femminile più significativa, fra le tante che compaiono nell’opera di Montale, è senz’altro quella di Clizia. Clizia è presente sia ne Le occasioni, sia nella terza raccolta, La bufera e altro (1956). E’ lo pseudonimo (o, alla provenzale, il senhal) dietro cui si cela un’italianista americana, Irma Brandeis, conosciuta da Montale a Firenze fra il 1932 e il 1939, quando la donna, di origine ebraica, tornò negli USA a seguito delle leggi razziali. Clizia è nella mitologia greca la ninfa innamorata del sole, ovvero del dio Apollo; da questi rifiutata, si trasforma in eliotròpio o girasole e conserva il suo amore guardando sempre verso il sole. Nell’opera di Montale diventa una novella Beatrice, una sorta di donna-angelo, o “visiting angel”, un angelo visitatore. Come la Beatrice dantesca, così Clizia, che ha come punto di riferimento la luce del sole, può indicare una via d’uscita dalla realtà negativa in cui viviamo, può guidare alla salvezza.

2.      Ma Clizia è la sacerdotessa di una religione laica, perché Apollo è anche il dio della poesia e dunque la sua fedeltà ad Apollo rappresenta la fedeltà ai valori della cultura e dell’intelligenza in un mondo che sempre più sembra negarli, un mondo su cui incombe l’oppressione delle dittature e infine la catastrofe della guerra. In questo senso due poesie estremamente significative sono Nuove stanze (Le occasioni), scritta nella consapevolezza dell’imminenza della guerra, e La primavera hitleriana (La bufera e altro), scritta in occasione dell’incontro tra Hitler e Mussolini, avvenuto a Firenze nel maggio del 1938. In entrambe Clizia rappresenta la speranza che l’intelligenza e la cultura possano avere la meglio sulla barbarie che incombe.

3.      Certo, in Nuove stanze persiste il dubbio che il potere di Clizia, ovvero della cultura, sia insufficiente: “follia di morte non si placa a poco / prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo, / ma domanda altri fuochi…”, ovvero altre armi, armi diverse da quelle della cultura. Ma nel finale è affermata con forza la certezza che lo sguardo di quegli “occhi d’acciaio” possa resistere alla violenza dello “specchio ustorio” e infine vincere: “… Ma resiste / e vince il premio della solitaria / veglia chi può con te allo specchio ustorio / che accieca le pedine opporre i tuoi / occhi d’acciaio.” La leggiamo:



Poi che gli ultimi fili di tabacco

al tuo gesto si spengono nel piatto

di cristallo, al soffitto lenta sale

la spirale del fumo

che gli alfieri e i cavalli degli scacchi

guardano stupefatti; e nuovi anelli

la seguono, più mobili di quelli

delle tua dita.



La morgana[1] che in cielo liberava

torri e ponti è sparita

al primo soffio; s'apre la finestra

non vista e il fumo s'agita. Là in fondo,

altro stormo si muove: una tregenda

d'uomini che non sa questo tuo incenso,

nella scacchiera di cui puoi tu sola

comporre il senso.



Il mio dubbio d'un tempo era se forse

tu stessa ignori il giuoco che si svolge

sul quadrato e ora è nembo alle tue porte:

follìa di morte non si placa a poco

prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo

ma domanda altri fuochi, oltre le fitte

cortine che per te fomenta il dio

del caso, quando assiste.



Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco

tocco la Martinella[2] ed impaura

le sagome d'avorio in una luce

spettrale di nevaio. Ma resiste

e vince il premio della solitaria

veglia chi può con te allo specchio ustorio

che accieca le pedine opporre i tuoi

occhi d'acciaio.



Clizia e La primavera hitleriana



4.      Questa stessa speranza ne La primavera hitleriana assume anche connotati religiosi. La leggiamo:



Folta la nuvola bianca delle falene impazzite[3]

turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette[4], 

stende a terra una coltre su cui scricchia 

come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona

ora il gelo notturno che capiva[5] 

nelle cave segrete della stagione morta[6], 

negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai[7].



Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale 

tra un alalà di scherani, un golfo mistico[8] acceso

e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito, 

si sono chiuse le vetrine[9], povere 

e inoffensive benché armate anch’esse 

di cannoni e giocattoli di guerra, 

ha sprangato il beccaio che infiorava

di bacche il muso dei capretti uccisi, 

la sagra dei miti carnefici[10] che ancora ignorano il sangue 

s’è tramutata in un sozzo trescone[11] d’ali schiantate, 

di larve sulle golene[12], e l’acqua séguita a rodere 

le sponde[13] e più nessuno è incolpevole.



Tutto per nulla, dunque?[14] – e le candele 

Romane[15], a San Giovanni, che sbiancavano lente

l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii[16] 

forti come un battesimo nella lugubre attesa 

dell’orda (ma una gemma[17] rigò l’aria stillando

sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi 

gli angeli di Tobia, i sette,[18] la semina 

dell’avvenire) e gli eliotropi nati 

dalle tue mani – tutto arso e succhiato 

da un polline che stride come il fuoco

e ha punte di sinibbio[19]



                                      Oh la piagata

primavera[20] è pur festa se raggela 

in morte questa morte![21] Guarda ancora 

in alto, Clizia, è la tua sorte, tu

che il non mutato amor mutata serbi[22], 

fino a che il cieco sole che in te porti[23]

si abbàcini nell’Altro e si distrugga 

in Lui[24], per tutti. Forse le sirene, i rintocchi 

che salutano i mostri nella sera

della loro tregenda[25], si confondono già 

col suono che slegato[26] dal cielo, scende, vince – 

col respiro di un’alba che domani per tutti 

si riaffacci, bianca ma senz’ali 

di raccapriccio[27], ai greti arsi del sud…[28]



5.      Clizia qui è portatrice di una salvezza non più individuale, ma “per tutti” (ripetuto due volte, ai vv. 37 e 41). E il cupo pessimismo che domina nelle prime strofe e che ha il suo culmine nella domanda “Tutto per nulla, dunque?”, il pessimismo su una possibilità di salvezza affidata all’intelligenza e alla cultura in un mondo popolato da demoni (“il messo infernale”, la “tregenda” – parola questa che ricorre anche in Nuove stanze, e significa proprio un’adunanza di diavoli) pronti a scatenare l’orrore della guerra, sembra superato già in quella parentesi nella terza strofa, laddove una stella cadente pare presagire la possibilità di un riscatto, evocato dal riferimento biblico agli angeli di Tobia. E’ un ottimismo del cuore e della volontà, ribadito in conclusione, nell’ultima strofa, così come è ribadita la valenza religiosa che Clizia sembra assumere: non più solo intelligenza e cultura, ma novello Cristo (“cristofora”), mediatrice fra cielo e terra, che si annulla, si sacrifica (si abbàcini nell’Altro e si distrugga in Lui) per l’intera umanità (per tutti).



[1] Il miraggio.
[2] Campana di Firenze che annunciava un pericolo.
[3] Montale ricorda che ci fu quel giorno un’invasione di farfalle bianche, e poi una morìa a causa del freddo improvviso.
[4] I parapetti dell’Arno.
[5] Era contenuto,
[6] L’inverno
[7] Si susseguono fino alle rive sabbiose dell’Arno.
[8]Nel teatro,dove avvenne l’incontro, lo spazio riservato all’orchestra .
[9] In festa.
[10] Ossimoro, a indicare i bottegai in festa.
[11] Immonda danza.
[12] Gli argini del fiume.
[13] Tutto procede come se tutto fosse naturale.
[14] Non è servita la presenza di Clizia, il valore della cultura?
[15] I fuochi d’artificio.
[16]Per la partenza di Clizia.
[17] Una stella cadente, una cometa.
[18] Nella Bibbia simboleggiano la semina del bene, destinata a dare frutti nel futuro.
[19] E’ un vento freddo del nord.
[20] La primavera ferita dal freddo e dalla caduta di farfalle.
[21] Se fa morire col suo gelo la morte rappresentata dall’orda.
[22] Come nell’epigrafe – Né quella che a veder lo sol si gira – sono versi tratti da un sonetto attribuito a Dante.
[23] La luce segreta dell’amore che conservi.
[24] Si annulli nella luce accecante del sole.
[25] Convegno di demoni.
[26] Disceso.
[27] Quelle delle farfalle.
[28] Torna il motivo dell’aridità, qui correlativo oggettivo di un mondo devastato dall’ideologia nazifascista. Ai “greti arsi del sud” si contrappongono i “ghiacci e le riviere” del nord, ove si sta recando Clizia.

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