Il
pensiero politico di Dante
9)
Vorrei fare ora qualche considerazione su
un’altra questione controversa,
ovvero quella che riguarda il pensiero politico di Dante, questione di una
certa attualità, a seguito di una recente dichiarazione dell’ex ministro
della cultura Sangiuliano,
secondo cui Dante sarebbe stato il
fondatore del pensiero politico della destra.
10)
La prima cosa da dire è che le moderne categorie di destra e sinistra
sono del tutto estranee nel contesto della cultura medievale, sono categorie
ottocentesche e novecentesche, e volerle
riconoscere nel pensiero politico del tempo di Dante è senz’altro una forzatura.
Il pensiero politico di quel tempo ha come riferimento imprescindibile il
rapporto di potere fra le due
istituzioni universali, ovvero l’Impero e la Chiesa. E su questo
rapporto Dante ha una precisa posizione.
I
due poteri. Modernità di Marsilio
11)
Il pensiero prevalente – soprattutto in ambiente guelfo, cui lo stesso Dante
apparteneva – era quello che sosteneva
la superiorità del potere del Papa, dal quale derivava il potere
dell’Imperatore. Il rapporto fra i due poteri veniva esemplificato con l’immagine
dei due lumi del cielo, il sole,
che brilla di luce propria, e la luna,
che brilla di luce riflessa. Ma esisteva anche il pensiero opposto,
rappresentato soprattutto da Marsilio
da Padova, secondo cui il potere
supremo apparteneva all’Imperatore e ad esso dovevano sottomettersi
tutti i cittadini, compresi gli ecclesiastici (così nel Defensor
pacis, 1324).
12)
Piccolo inciso a questo proposito. E’
veramente moderno per il suo carattere
laico il pensiero di Marsilio, il quale attacca decisamente sia la pretesa di “universalità” dell’Impero
sia, soprattutto, quella di giurisdizione
separata avanzata dalla Chiesa, arrivando a sostenere l’origine naturale, umana e non divina,
della società e dello Stato: l’unica fonte della legge è il popolo (la cui volontà è rivelatrice di
quella divina), e solo da questo deriva
il potere dello Stato, che deve pertanto potersi esercitare su tutti i
cittadini, compresi gli ecclesiastici.
I
due poteri per Dante, ovvero i “due soli”
13)
Dante espone il suo pensiero politico in
maniera organica nel De monàrchia, ma è un pensiero che
si manifesta più volte, e non marginalmente, nella Commedia. Per Dante i due
poteri sono autonomi – quello temporale
dell’Imperatore e quello spirituale
del Papa – in quanto entrambi
derivano direttamente da Dio ed hanno come fine
– essendo l'uomo una creatura composta da una parte corruttibile, il
corpo, e da una incorruttibile, l'anima – rispettivamente
la felicità terrena (da conseguirsi sotto la guida dell'Imperatore e usando gli
insegnamenti della ragione) e la beatitudine eterna (da conseguirsi sotto la
guida del Papa e usando gli insegnamenti della fede). Sono due poteri autonomi ma complementari in quanto il fine della beatitudine eterna,
per la quale opera il potere spirituale del Papa, presuppone
la pace e la concordia dell’umanità, garantita dal potere temporale
dell’Imperatore. A sua volta l’Imperatore
deve al Papa una filiale reverenza, poiché il fine della Chiesa è più alto di quello dell’Impero.
14)
L’immagine che rappresenta i due poteri
così intesi non è più quella del sole e della luna,[1]
ma quella dei due soli,
secondo l’espressione usata da Marco
Lombardo (uomo di corte del XIII secolo, su cui si hanno poche notizie) nel canto XVI del Purgatorio (106-129).
Dante chiede a Marco quale sia la causa della corruzione del mondo (e in
particolare del disastro politico e morale dell’Italia) e costui, dopo aver
negato che sia colpa della influenza negativa degli astri o della debolezza
della natura umana, spiega che la responsabilità è dei due poteri che vengono
meno al loro compito, ma in particolare
la colpa è del Papa che pretende di assumere il potere temporale
dell’Imperatore; quindi aggiunge:
Soleva
Roma, che ’l buon mondo feo,
due soli aver, che l’una
e l’altra strada
facean
vedere, e del mondo e di Deo.
L’un
l’altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l’un con l’altro insieme
per
viva forza mal convien che vada; (dopo la morte di Federico II, Bonifacio VIII
si era proclamato vicario imperiale e con la bolla Unam sanctam del 1302 aveva affermato la legittimità di
congiungere i due poteri)
però
che, giunti, l’un l’altro non teme: (l’uno
non è frenato dal potere dell’altro)
(se
non mi credi, pon mente a la spiga,
ch’ogn’erba
si conosce per lo seme.)
…..
Di’
oggimai che la Chiesa di Roma,
per
confondere in sé due reggimenti,
cade
nel fango, e sé brutta e la soma. (sporca sé stessa e il carico, l’ufficio, che
si è addossato)
[1] Dante
comunque contesta l’idea che la luna brilla di sola luce riflessa. La luce del
sole ne aumenta la luminosità, ma la luna ha una luce di per se stessa (De monarchia, III, IV, 17-18)
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