martedì 29 aprile 2025

ASPETTI CONTROVERSI DELLA DIVINA COMMEDIA (VI parte)

 

Il rimpianto di Cacciaguida per Firenze “sobria e pudica”

9)    Il rimpianto per i costumi sobri e pudìchi delle generazioni precedenti è argomento sviluppato in ben due canti, XV e XVI, del Paradiso, in occasione dell’incontro con l’avo Cacciaguida, il quale parla così della Firenze dei suoi tempi; leggo il passo (Pd. XV, 97-129):

Fiorenza dentro da la cerchia antica,

ond’ ella toglie ancora e terza e nona, (lì c’era una chiesa che suonava le ore alle 9 e alle 15)

si stava in pace, sobria e pudica.

 

Non avea catenella, non corona,

non gonne contigiate, non cintura (ricamate, ricche di ornamenti)

che fosse a veder più che la persona.

 

Non faceva, nascendo, ancor paura

la figlia al padre, ché ’l tempo e la dote

non fuggien quinci e quindi la misura. (il tempo e la dote erano fuori di misura, il tempo troppo presto e la dote eccessiva)

 

Non avea case di famiglia vòte; (perché troppo grandi? A causa degli esilii?)

non v’era giunto ancor Sardanapalo (re degli Assiri, simbolo di lussuria)

a mostrar ciò che ’n camera si puote. (si allude a pratiche anticoncezionali)

(…………)

Bellincion Berti vid’ io andar cinto

di cuoio e d’osso, e venir da lo specchio (la cintura e la fibbia)

la donna sua sanza ’l viso dipinto;

 

e vidi quel d’i Nerli e quel del Vecchio

esser contenti a la pelle scoperta, (senza mantelli sopra o fodere di pelliccia)

e le sue donne al fuso e al pennecchio. (lo strumento per filare e la quantità di lana)

 

Oh fortunate! ciascuna era certa (non c’erano esilii, le mogli erano certe di morire in patria)

de la sua sepultura, e ancor nulla

era per Francia nel letto diserta. (non c’erano mariti mercanti che andavano in Francia)

 

L’una vegghiava a studio de la culla,

e, consolando, usava l’idïoma

che prima i padri e le madri trastulla;

 

l’altra, traendo a la rocca la chioma, (torcendo col fuso la lana)

favoleggiava con la sua famiglia

d’i Troiani, di Fiesole e di Roma.

 

Saria tenuta allor tal maraviglia

una Cianghella, un Lapo Salterello, (donna scostumata e politico corrotto)

qual or saria Cincinnato e Corniglia.


Laudatio temporis acti: un luogo comune, né di destra né di sinistra

10)                      Potremmo dire che questo rimpianto di Dante per i buoni costumi del passato può essere visto come la riproposizione di un luogo comune che ricorre più volte nella storia della letteratura e del pensiero: la cosiddetta laudatio temporis acti, ovvero la lode del tempo passato. Penso ad esempio ad autori della letteratura latina, quali Sallustio o Giovenale, che denunciano la degenerazione dei costumi e della politica della società a loro contemporanea a confronto con la vita sobria e austera delle generazioni precedenti.

11)                      Certo, nel caso di Dante il rimpianto discende da una visione della totalità del mondo e della storia, una visione fondata su una concezione religiosa che permea di sé e spiega perfettamente ogni aspetto del reale; ma questo non fa certo di Dante il fondatore del pensiero di destra. Allo stesso modo, altrettanto sbagliato, sarebbe il considerarlo un anticipatore del pensiero di sinistra, nel senso di anti-capitalista, per via della sua aspra critica al “maladetto fiore” e ai “sùbiti guadagni”, ovvero alla logica del profitto.

Un universo pre-rinascimentale: la natura della fortuna

12)                      La verità è che il pensiero di Dante, ripeto, è tutto interno alla cultura e alla mentalità medievale, Siamo insomma con Dante in un universo pre-rinascimentale e pre-galileiano. Per far capire questo ai miei studenti, mostravo ad esempio come Virgilio nel canto VII dell’Inferno (girone degli avari e prodighi) spiega a Dante la natura della fortuna: la fortuna è un’intelligenza angelica che governa “li splendor mondani”, cioè i beni del mondo, e fa sì che essi mutino, al momento opportuno, “di gente in gente e d’uno in altro sangue / oltre la difension d’i senni umani”, cioè da un popolo all’altro, da una famiglia all’altra, al di là di ogni capacità umana di impedirlo. In altre parole, c’è un senso in tutto ciò che, di apparentemente fortuito, succede agli uomini, un senso spesso incomprensibile ed inaccettabile, ma che, visto che gli angeli attuano la volontà di dio, si inserisce in un disegno finalizzato al bene. Al contrario la fortuna, da Boccaccio a Machiavelli, è la casualità assoluta, ciò che resiste alla “virtù” degli uomini, i quali sono tanto più virtuosi quanto più riescono a superare gli ostacoli frapposti dalla fortuna; e dunque non c’è un senso, se non maligno, in ciò che si oppone ai disegni degli uomini.

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