L’incipit
della Commedia: lo smarrimento nella “selva oscura”
1)
Tutti conosciamo l’incipit della Commedia, conosciamo la prima terzina. Ma
forse non ci chiediamo perché “la diritta
via era smarrita”, di quali peccati si sentiva colpevole Dante, peccati per
i quali dice di trovarsi in “una selva
oscura”, “una selva selvaggia e aspra
e forte” che al solo pensarci “rinova
la paura”.
Lo
smarrimento come traviamento spirituale (la “donna gentile”)
2)
Non c’è dubbio che qui ci sia un riferimento autobiografico al
traviamento spirituale seguito alla morte di Beatrice. Secondo una
interpretazione, il traviamento di Dante sarebbe riconducibile alla sua passione per la filosofia, identificata
allegoricamente con la cosiddetta “donna gentile”. Chi è questa “donna gentile”? E’ colei di cui
nella Vita nova Dante dice che era “giovane e bella molto”, aveva avuto compassione per la sua
sofferenza e lo aveva consolato con
il suo amore dopo la morte di Beatrice. Dunque si tratterebbe, da parte
di Dante, di un vero e proprio innamoramento
che poi viene in qualche modo nobilitato
con l’identificazione donna gentile-filosofia.
3)
Qui
si rende necessario un inciso. Sono diverse le donne
che compaiono nell’opera letteraria di Dante, oltre alla “donna gentile”, le due donne
“dello schermo” nella Vita nova, e altre donne cui si fa
riferimento nelle Rime (una “donna petra” e una
“pargoletta”). Sono donne reali, come reale è Beatrice, donne realmente amate da Dante, il
quale poi nella rielaborazione dei
ricordi ha attribuito loro dei significati allegorici. Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante dice
che il suo amore per Beatrice fu “onestissimo”
“né mai apparve alcun libidinoso appetito”.
Tuttavia, parlando del carattere di Dante, aggiunge, scusandosi di macchiare
la sua fama citando una suo difetto:
Tra
cotanta virtù, cotanta scienzia, quanto dimostrato è (di sopra) essere stata in
questo mirifico poeta, trovò
ampissimo luogo la lussuria, e non solamente ne’ giovani anni, ma ancora ne’
maturi.
4)
Dunque è da credere che la vicenda che
ha per protagonista la “donna gentile”, sia una vicenda autobiografica per Dante. E la stessa “donna gentile” è poi ricordata nel Convivio,
dove è esplicitamente identificata con la filosofia, cioè con la scienza
umana, mentre Beatrice era identificabile con la teologia, ovvero la
scienza divina. Quindi l’amore
per la “donna gentile”, cosiccome la passione per la filosofia, appaiono come
un tradimento di Beatrice, un tradimento che nasce – è da credere – sul piano dell’amore per la persona,
ma che poi viene trasferito sul piano
dei significati allegorici. E infatti già nella Vita nova (XXXIX) Dante ha una visione di Beatrice e tanto gli
basta per rimproverare a se stesso il “malvagio desiderio” che occupa la
sua mente per la “donna gentile”.
Il
rimprovero di Beatrice nell’Eden e il senso del viaggio
5)
E di tale “malvagio desiderio” Beatrice in persona lo rimprovererà duramente
nel loro incontro nel Paradiso terrestre, in cima alla montagna del Purgatorio.
Gli dice esplicitamente: tu mi hai
tradito, ti sei concesso “altrui”,
hai mosso i tuoi passi “per via non vera
/ immagini di ben seguendo false” (Pg. XXX, 121-145). E Dante
piangendo ammette la sua colpa.
6)
Dunque, se si accetta questa
interpretazione, il viaggio oltremondano di Dante non sarebbe altro che un ritorno a Beatrice, ovvero un
riconoscimento dei limiti della
filosofia separata dalla fede, un riconoscimento che oltre le capacità di conoscenza della
ragione umana c’è una verità rivelata, una verità di fede, altrimenti – come dice Virgilio in un passo
del Purgatorio – “mestier non era parturir Maria”, cioè non sarebbe stato
necessario che Cristo nascesse, non ci sarebbe stato bisogno che la verità
fosse rivelata.
Il
senso del rimprovero di Beatrice
7)
Ed è
questo che Beatrice sembra rimproverare a Dante quando scende dal cielo e
lo incontra in cima alla montagna del Purgatorio; Dante le chiede (Pg. XXXIII,
82-90):
Ma
perché tanto sovra mia veduta
vostra
parola disïata vola,
che
più la perde quanto più s’aiuta?".
E
cioè, perché le tue parole sono così difficilmente comprensibili per me, per
quanto mi sforzi di capire? E Beatrice risponde:
"Perché
conoschi", disse, "quella scuola
(la filosofia)
c’ hai seguitata, e veggi sua
dottrina
come
può seguitar la mia parola;
e
veggi vostra via da la divina
distar cotanto,
quanto si discorda
da terra il ciel
che più alto festina"
(il primo mobile)
Dunque
Beatrice lo accusa esplicitamente di avere confidato esclusivamente nella
scienza umana e quindi, secondo questa interpretazione, sarebbe per questo peccato puramente intellettuale
che Dante si è smarrito nella “selva
oscura”.
Lo
smarrimento come traviamento morale (Forese Donati)
9)
Ma esiste anche un’altra
interpretazione, per me più convincente, che associa lo smarrimento nella “selva
oscura” non tanto (o non solo) a un
traviamento intellettuale quanto (e soprattutto) a un traviamento morale.
Un traviamento probabilmente riconducibile a quel periodo di vita dissoluta, peccaminosa, coincidente con il periodo
di amicizia con Forese Donati.
10)
Chi era Forese Donati? Può sembrare
strana questa amicizia, visto che Forese era un Donati, ovvero apparteneva alla
famiglia più importante della fazione
dei guelfi Neri, mentre Dante
era vicino alla fazione dei guelfi Bianchi; e il fratello di Forese,
Corso Donati era nientemeno
che il capo indiscusso di detta fazione e pertanto detestato da Dante in quanto
fra gli autori del colpo di Stato
con cui nel 1301 i Neri si erano impadroniti del potere a Firenze e avevano
scatenato le persecuzioni contro i
Bianchi, persecuzioni di cui anche
Dante fu vittima con la condanna, prima all’esilio e successivamente al rogo.
Corso
e Piccarda
11)
Ma sarà lo stesso Forese, incontrato da Dante in Purgatorio, a profetizzare per Corso – che nel 1300, anno del viaggio
ultraterreno di Dante, era ancora vivo –
la dannazione all’inferno, dove sarebbe stato trascinato alla coda di un
cavallo. Forese aveva anche una sorella, Piccarda Donati, che Dante incontrerà in Paradiso, nel cielo
della Luna, dove si trovano le anime di coloro che, pur contro la loro volontà,
vennero meno ai voti. Piccarda infatti era monaca di Santa Chiara, ma il
fratello Corso con un gruppo di facinorosi l’aveva rapita dal convento e
costretta a un matrimonio di interesse politico con un certo Rossellino della
Tosa.
L’amicizia
con Forese: la “tenzone”
12)
Ma l’amicizia fra Dante e Forese può
sembrare strana anche per un’altra ragione, una ragione di cui abbiamo testimonianza
letteraria nella cosiddetta “tenzone
con Forese”, ovvero in quello scambio di sonetti in cui i due si
rinfacciano accuse e si lanciano invettive con un linguaggio decisamente plebeo (per la precisione Forese accusa Dante
di praticare l’usura e Dante di ricambio lo accusa di non soddisfare
sessualmente la propria moglie). Ma che amicizia era – ci si potrebbe
chiedere – se si scambiavano accuse ed invettive reciproche? In realtà si
trattava di una sorta di sperimentazione
linguistica, per cui poeti, come Dante ma come anche Cavalcanti, capaci di trattare argomenti di
alto livello con lo stile sublime,
si cimentavano anche su questioni realistiche della quotidianità, usando un
registro linguistico di basso livello, il cosiddetto stile comico-burlesco o comico-realistico.
13)
Di fatto della sincera amicizia fra
Dante e Forese abbiamo testimonianza
diretta da parte dello stesso Dante nella Commedia, e precisamente nell’episodio dell’incontro cordiale e molto affettuoso fra i due che
si svolge in Purgatorio, nella cornice
dei golosi (XXIII) dove è collocato Forese (e dove Dante sembra fare
ammenda di ciò che aveva scritto nella “tenzone”, mettendo in bocca a
Forese parole di grande elogio nei confronti della propria moglie Nella, lei sola onesta e fedele
in mezzo alle donne scostumate di Firenze) .
Non
peccati “intellettuali”, ma peccati “materiali”
14)
Allora torniamo allo smarrimento di
Dante nella selva oscura da cui siamo partiti. Che tale smarrimento coincida con la vita peccaminosa condotta in anni
giovanili in compagnia dell’amico – e qui si tratterebbe non certo di peccati intellettuali, ma
di peccati di incontinenza, peccati della carne, quali ad esempio la gola e la lussuria – sembra
dimostrato dalle parole che Dante rivolge allo stesso Forese in occasione
appunto dell’incontro in Purgatorio. Forese vuole sapere come mai Dante possa
trovarsi lì pur essendo vivo. E Dante gli risponde così (Pg. XXIII, 115-121) :
Per ch’io a lui:
"Se tu riduci a mente
qual fosti meco, e qual io teco fui,
ancor
fia grave il memorar presente.
Di quella vita mi volse costui
che mi va innanzi, l’altr’ier, quando tonda
vi si mostrò la
suora di colui",
e ’l sol
mostrai;
“Di quella vita mi volse costui / che mi va
innanzi” sembra decisamente avallare questa interpretazione, perché è stato proprio Virgilio a condurre Dante
fuori dalla selva oscura, che dunque qui è identificata con “quella vita” condotta insieme a Forese.
15)
Ma forse
ha ragione chi associa i due aspetti, per cui con lo smarrimento nella
selva oscura Dante avrebbe voluto indicare il proprio traviamento dopo la morte
di Beatrice, sia dal punto di vista
intellettuale che da quello morale, probabilmente intendendo l’uno come
conseguenza dell’altro.