Il
pensiero di Dante, interno al Medioevo, appare reazionario
9)
Ad esempio il fatto che Dante appaia come un conservatore, un
reazionario, in quanto ragiona sulla base di schemi che già ai suoi tempi sono superati, o in via di superamento.
Di fronte alla realtà, che si va storicamente affermando, degli Stati nazionali (di cui esempio
vistoso era la Francia,
governata da un monarca forte e autorevole, come Filippo il Bello), Dante non ne capisce la portata
rivoluzionaria (anzi, vede in essi un segno della degenerazione maligna) e
reagisce con la grande nostalgia-utopia dei due poteri universali
e provenienti da Dio – Impero e
Papato – che, in armonia, garantiscono il bene dell’uomo
rispettivamente nella città terrena e nella città celeste. Tuttavia non si
può non notare che in quel pensiero c’è anche un aspetto di grande modernità, in quanto viene teorizzata l’autonomia del potere
politico da quello religioso.
L’amore per l’Italia non è nazionalismo
10)
Altro motivo che potrebbe indurre ad
associare il pensiero di Dante al moderno pensiero di destra, sarebbe, secondo alcuni, l’amor di patria
che Dante manifesta non solo per la sua Firenze, ma per l’Italia intera, il
“bel paese là ove il sì suona” (Inf.
XXXIII, 80). Certamente Dante riconosce la specificità della nazione italiana,
che a lui è cara, tant’è che con il De vulgari eloquentia ricerca una lingua
unitaria per l’intero paese e nel già citato canto VI del Purgatorio si lamenta delle
tante contrapposizioni e rivalità che la tormentano.
11)
Ma Dante
non pensa assolutamente a uno Stato nazionale, politicamente autonomo, e magari
contrapposto ad altri Stati secondo la logica del nazionalismo. Al
contrario, Dante deplora questa possibilità, giacché ogni potere locale si deve sottomettere ad un potere superiore, l’unico
legittimato da Dio, quello dell’Imperatore. Se volessimo forzare questa interpretazione,
potremmo dire che la logica
nazionalistica deplorata da Dante è quella della destra, mentre il potere superiore dell’Imperatore
potrebbe essere assimilato a quello attuale dell’Europa nei confronti degli
Stati nazionali.
Il rimpianto del passato: contro la “gente
nova” e i “sùbiti guadagni”
12)
Ma anche sul piano dei comportamenti
degli uomini, sul piano dei valori Dante rimpiange i tempi passati. Il disordine morale, che discende dal
disordine politico, si manifesta nella società a lui contemporanea nel trionfo della logica del profitto.
La sobrietà, la pudicizia, la
morigeratezza dei costumi sono sostituiti dalla cupidigia del denaro
e nelle città ha preso il sopravvento una “gente nova” che mira solo ai “sùbiti
guadagni” da conseguirsi con l’attività
mercantile e bancaria. E’ nel canto XVI dell’Inferno che Dante usa
queste parole riferendosi alla Firenze dei suoi tempi. Siamo nel girone dei violenti
contro natura (i sodomiti), Dante incontra tre fiorentini della generazione
a lui precedente e uno di questi (Jacopo
Rusticucci) gli chiede (vv. 67-69):
cortesia e valor di’ se dimora
ne
la nostra città sì come suole,
o
se del tutto se n’è gita fora
Cioè,
dicci se in Firenze vigono ancora o se sono scomparsi del tutto i valori della
società cavalleresca (quei valori di cui nel Convivio, II, X, 8 si dice: “cortesia
e onestade è tutt’uno; e però che nelle corti anticamente le vertudi e li belli
costumi s’usavano, sì come oggi s’usa lo contrario”). E Dante risponde (vv.
73-75):
La
gente nova e i sùbiti guadagni
orgoglio e
dismisura
han generata,
Fiorenza,
in te, sì che tu già ten piagni
Gente
proveniente dalla campagna, nuovi ceti sociali, e i guadagni rapidi (col
commercio, con l’usura), hanno prodotto alterigia,
arroganza e perdita del senso della misura, sfrenatezza, intemperanza.
Il
rimpianto del passato: contro il “maladetto
fiore”
13)
E ancora nel cielo di Venere, dove compaiono a Dante gli spiriti amanti, è Folchetto
di Marsiglia (un trovatore provenzale, che poi si fece monaco e divenne
vescovo di Tolosa) che si scaglia contro Firenze, che “produce e spande” nel
mondo la sua moneta, il fiorino, “il maladetto fiore” (Pd. IX,
127-132):
La
tua città, che di colui è pianta (è il prodotto)
che
pria volse le spalle al suo fattore (Lucifero)
e
di cui è la ’nvidia tanto pianta, (la cui invidia per Adamo ed Eva è causa di
tanti pianti)
produce e spande
il maladetto fiore
c’ha
disvïate le pecore e li agni,
però
che fatto ha lupo del pastore.
14)
Dante insomma, anche per questo aspetto,
non riconosce la portata rivoluzionaria
delle nuove attività esercitate da nuovi ceti sociali, non vede che c’è un
mondo in esaurimento, quello della nobiltà feudale, e un mondo nuovo, più
vitale, quello della borghesia in ascesa.
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