martedì 29 aprile 2025

ASPETTI CONTROVERSI DELLA DIVINA COMMEDIA (II parte)

 

Il pensiero politico di Dante

9)    Vorrei fare ora qualche considerazione su un’altra questione controversa, ovvero quella che riguarda il pensiero politico di Dante, questione di una certa attualità, a seguito di una recente dichiarazione dell’ex ministro della cultura Sangiuliano, secondo cui Dante sarebbe stato il fondatore del pensiero politico della destra.

10)                      La prima cosa da dire è che le moderne categorie di destra e sinistra sono del tutto estranee nel contesto della cultura medievale, sono categorie ottocentesche e novecentesche, e volerle riconoscere nel pensiero politico del tempo di Dante è senz’altro una forzatura. Il pensiero politico di quel tempo ha come riferimento imprescindibile il rapporto di potere fra le due istituzioni universali, ovvero l’Impero e la Chiesa. E su questo rapporto Dante ha una precisa posizione.

I due poteri. Modernità di Marsilio

11)                      Il pensiero prevalente – soprattutto in ambiente guelfo, cui lo stesso Dante apparteneva –  era quello che sosteneva la superiorità del potere del Papa, dal quale derivava il potere dell’Imperatore. Il rapporto fra i due poteri veniva esemplificato con l’immagine dei due lumi del cielo, il sole, che brilla di luce propria, e la luna, che brilla di luce riflessa. Ma esisteva anche il pensiero opposto, rappresentato soprattutto da Marsilio da Padova, secondo cui il potere supremo apparteneva all’Imperatore e ad esso dovevano sottomettersi tutti i cittadini, compresi gli ecclesiastici (così nel Defensor pacis, 1324).

12)                      Piccolo inciso a questo proposito. E’ veramente moderno per il suo carattere laico il pensiero di Marsilio, il quale attacca decisamente sia la pretesa di “universalità” dell’Impero sia, soprattutto, quella di giurisdizione separata avanzata dalla Chiesa, arrivando a sostenere l’origine naturale, umana e non divina, della società e dello Stato: l’unica fonte della legge è il popolo (la cui volontà è rivelatrice di quella divina), e solo da questo deriva il potere dello Stato, che deve pertanto potersi esercitare su tutti i cittadini, compresi gli ecclesiastici.

I due poteri per Dante, ovvero i “due soli”

13)                      Dante espone il suo pensiero politico in maniera organica nel De monàrchia, ma è un pensiero che si manifesta più volte, e non marginalmente, nella Commedia. Per Dante i due poteri sono autonomi – quello temporale dell’Imperatore e quello spirituale del Papa – in quanto entrambi derivano direttamente da Dio ed hanno come fineessendo l'uomo una creatura composta da una parte corruttibile, il corpo, e da una incorruttibile, l'anima rispettivamente la felicità terrena (da conseguirsi sotto la guida dell'Imperatore e usando gli insegnamenti della ragione) e la beatitudine eterna (da conseguirsi sotto la guida del Papa e usando gli insegnamenti della fede). Sono due poteri autonomi ma complementari in quanto il fine della beatitudine eterna, per la quale opera il potere spirituale del Papa,  presuppone la pace e la concordia dell’umanità, garantita dal potere temporale dell’Imperatore. A sua volta l’Imperatore deve al Papa una filiale reverenza, poiché il fine della Chiesa è più alto di quello dell’Impero.

14)                      L’immagine che rappresenta i due poteri così intesi non è più quella del sole e della luna,[1] ma quella dei due soli, secondo l’espressione usata da Marco Lombardo (uomo di corte del XIII secolo, su cui si hanno poche notizie) nel canto XVI del Purgatorio (106-129). Dante chiede a Marco quale sia la causa della corruzione del mondo (e in particolare del disastro politico e morale dell’Italia) e costui, dopo aver negato che sia colpa della influenza negativa degli astri o della debolezza della natura umana, spiega che la responsabilità è dei due poteri che vengono meno al loro compito, ma in particolare la colpa è del Papa che pretende di assumere il potere temporale dell’Imperatore; quindi aggiunge:

Soleva Roma, che ’l buon mondo feo,

due soli aver, che l’una e l’altra strada

facean vedere, e del mondo e di Deo.

 

L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada

col pasturale, e l’un con l’altro insieme

per viva forza mal convien che vada; (dopo la morte di Federico II, Bonifacio VIII si era proclamato vicario imperiale e con la bolla Unam sanctam del 1302 aveva affermato la legittimità di congiungere i due poteri)

 

però che, giunti, l’un l’altro non teme: (l’uno non è frenato dal potere dell’altro)

(se non mi credi, pon mente a la spiga,

ch’ogn’erba si conosce per lo seme.)

…..

Di’ oggimai che la Chiesa di Roma,

per confondere in sé due reggimenti,

cade nel fango, e sé brutta e la soma. (sporca sé stessa e il carico, l’ufficio, che si è addossato)



[1] Dante comunque contesta l’idea che la luna brilla di sola luce riflessa. La luce del sole ne aumenta la luminosità, ma la luna ha una luce di per se stessa (De monarchia, III, IV, 17-18)

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