Le
due profezie: quella del veltro
9)
In tutto ciò non mi pare che ci siano
elementi per vedere in Dante il fondatore del pensiero di destra. Ma c’è un
particolare, di cui mi parlava il mio professore di liceo, un
particolare che riguarda l’interpretazione di due enigmatiche profezie che si trovano una nel primo canto
dell’Inferno e una nell’ultimo canto del Purgatorio.
10)
Partiamo dalla prima. Dante vorrebbe
uscire dalla “selva oscura” e salire verso il colle illuminato dal sole, ma
ci sono tre fiere – una lonza[1],
un leone e una lupa, simbolo di tre peccati, rispettivamente la lussuria, la superbia e la cupidigia
– che gli ostacolano il cammino; soprattutto la lupa lo respinge verso il
basso, ma compare Virgilio che non solo gli dice che lui per salvarsi dovrà “tenere
altro viaggio”, e cioè un viaggio ultraterreno, ma a proposito della
lupa dice queste parole (Inf. I, 100-111):
Molti
son li animali a cui s’ammoglia, (la
cupidigia comporta altri peccati)
e
più saranno ancora, infin che ’l veltro
verrà,
che la farà morir con doglia.
Questi
non ciberà terra né peltro, (una lega di metalli che sta per “moneta”)
ma
sapïenza, amore e virtute, (attributi della Trinità, del Figlio, dello
Spirito Santo, del Padre)
e
sua nazion sarà tra feltro e feltro.
(panno umile o indicazione geografica?
Dunque un uomo di Chiesa o un eletto perché col feltro si foderavano le urne,
oppure il veronese Cangrande?)
Di
quella umile Italia fia salute
per
cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo
e Turno e Niso di ferute.
Questi
la caccerà per ogne villa,
fin
che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
là
onde ’nvidia prima dipartilla. (il diavolo, come Dio è il “primo amore”)
Il
veltro è un cane da caccia e dunque come tale letteralmente caccia la lupa.
Ma sul suo significato allegorico, e quindi
sul personaggio cui la profezia si riferirebbe, si sono date e
argomentate le più svariate interpretazioni: un Pontefice, un Imperatore, Dante stesso[2], un
signore italiano come Cangrande della Scala (cui Dante nel Paradiso
profetizza grandi imprese), ecc.
Le
due profezie: quella del “cinquecento diece e cinque”
11)
Ma
ecco la seconda profezia, che si tende a mettere in relazione con la prima.
Siamo nell’ultimo canto del Purgatorio e Beatrice spiega a Dante il senso della
visione cui ha appena assistito, la visione
del carro trasformato in mostro e poi portato via dal gigante con il carico che
sappiamo. Quindi dice (Pg. XXXIII, 37-45):
Non
sarà tutto tempo sanza reda
l’aguglia
che lasciò le penne al carro,
per
che divenne mostro e poscia preda;
ch’io
veggio certamente, e però il narro,
a
darne tempo già stelle propinque,
secure
d’ogn’intoppo e d’ogne sbarro,
nel
quale un cinquecento diece e cinque,
messo
di Dio, anciderà la fuia (propriamente ladra, da intendersi la
“puttana sciolta”)
con
quel gigante che con lei delinque.
12)
Qui il messo di Dio è indicato con un
numero, il 515, e anche in questo caso le ipotesi di identificazione
sono state tante. Però qui, a differenza della profezia del veltro, considerando
gli anni presumibili di stesura del canto, e visto che si parla di un
erede dell’aquila, si può pensare
all’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, che nel 1310 era sceso in Italia
suscitando in Dante grandi speranze di restaurazione dell’unico legittimo
potere temporale, speranze che però andarono deluse perché Enrico morì due
anni dopo. Con tutto ciò, l’indicazione
numerica resta misteriosa. Leggendo il numero con le lettere latine sia
ha D X V, e in questo si è voluto
vedere un acronimo
interpretabile in diversi modi (Domini Xristi Vertagus, Domini Xristi
Vicarius, Dante Xristi Vertagus).
L’interpretazione
in età fascista
13)
Ma ecco il particolare di cui parlava a
noi studenti il mio vecchio professore di liceo. Diceva che in epoca fascista
circolava un’interpretazione secondo cui il veltro profetizzato da Dante era Mussolini stesso, il Duce.
Nel numero cinquecento diece e cinque bastava spostare il cinque prima del dieci ed ecco che l’acronimo diventava D V X, cioè duce. Quanto al veltro, si dice che “sua
nazion sarà tra feltro e feltro”, cioè tra Feltre, in Veneto, e il Montefeltro, nella Marca alta, dunque in
Romagna, che è appunto il luogo di nascita di Mussolini. Del resto si dice
anche che tale personaggio “dell’umile Italia fia salute”,
cioè sarà di salvezza, sarà il salvatore
dell’Italia, e questo, secondo tale interpretazione, si attagliava perfettamente al duce del fascismo.
14)
Naturalmente si tratta di una interpretazione risibile e
certo non è credibile che l’ex ministro Sangiuliano ritenga Dante il fondatore
del pensiero di destra in quanto autore di una profezia che avrebbe varcato
i secoli per realizzarsi nel modo suddetto. Sono invece credibili altre
motivazioni che possono indurre ad associare alla destra il pensiero di Dante.
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