martedì 29 aprile 2025

ASPETTI CONTROVERSI DELLA DIVINA COMMEDIA (IV parte)

 

Le due profezie: quella del veltro

9)    In tutto ciò non mi pare che ci siano elementi per vedere in Dante il fondatore del pensiero di destra. Ma c’è un particolare, di cui mi parlava il mio professore di liceo, un particolare che riguarda l’interpretazione di due enigmatiche profezie che si trovano una nel primo canto dell’Inferno e una nell’ultimo canto del Purgatorio.

10)                      Partiamo dalla prima. Dante vorrebbe uscire dalla “selva oscura” e salire verso il colle illuminato dal sole, ma ci sono tre fiere – una lonza[1], un leone e una lupa, simbolo di tre peccati, rispettivamente la lussuria, la superbia e la cupidigia – che gli ostacolano il cammino; soprattutto la lupa lo respinge verso il basso, ma compare Virgilio che non solo gli dice che lui per salvarsi dovrà “tenere altro viaggio”, e cioè un viaggio ultraterreno, ma a proposito della lupa dice queste parole (Inf. I, 100-111):

Molti son li animali a cui s’ammoglia, (la cupidigia comporta altri peccati)

e più saranno ancora, infin che ’l veltro

verrà, che la farà morir con doglia.

 

Questi non ciberà terra né peltro, (una lega di metalli che sta per “moneta”)

ma sapïenza, amore e virtute, (attributi della Trinità, del Figlio, dello Spirito Santo, del Padre)

e sua nazion sarà tra feltro e feltro. (panno umile o indicazione geografica? Dunque un uomo di Chiesa o un eletto perché col feltro si foderavano le urne, oppure il veronese Cangrande?)

 

Di quella umile Italia fia salute

per cui morì la vergine Cammilla,

Eurialo e Turno e Niso di ferute.

 

Questi la caccerà per ogne villa,

fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,

là onde ’nvidia prima dipartilla. (il diavolo, come Dio è il “primo amore”)

 

Il veltro è un cane da caccia e dunque come tale letteralmente caccia la lupa. Ma sul suo significato allegorico, e quindi sul personaggio cui la profezia si riferirebbe, si sono date e argomentate le più svariate interpretazioni: un Pontefice, un Imperatore, Dante stesso[2], un signore italiano come Cangrande della Scala (cui Dante nel Paradiso profetizza grandi imprese), ecc.

Le due profezie: quella del “cinquecento diece e cinque”

11)                       Ma ecco la seconda profezia, che si tende a mettere in relazione con la prima. Siamo nell’ultimo canto del Purgatorio e Beatrice spiega a Dante il senso della visione cui ha appena assistito, la visione del carro trasformato in mostro e poi portato via dal gigante con il carico che sappiamo. Quindi dice (Pg. XXXIII, 37-45):

Non sarà tutto tempo sanza reda

l’aguglia che lasciò le penne al carro,

per che divenne mostro e poscia preda;

 

ch’io veggio certamente, e però il narro,

a darne tempo già stelle propinque,

secure d’ogn’intoppo e d’ogne sbarro,

 

nel quale un cinquecento diece e cinque,

messo di Dio, anciderà la fuia (propriamente ladra, da intendersi la “puttana sciolta”)

con quel gigante che con lei delinque.

 

12)                      Qui il messo di Dio è indicato con un numero, il 515, e anche in questo caso le ipotesi di identificazione sono state tante. Però qui, a differenza della profezia del veltro, considerando gli anni presumibili di stesura del canto, e visto che si parla di un erede dell’aquila, si può pensare all’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, che nel 1310 era sceso in Italia suscitando in Dante grandi speranze di restaurazione dell’unico legittimo potere temporale, speranze che però andarono deluse perché Enrico morì due anni dopo. Con tutto ciò, l’indicazione numerica resta misteriosa. Leggendo il numero con le lettere latine sia ha D X V, e in questo si è voluto vedere un acronimo interpretabile in diversi modi (Domini Xristi Vertagus, Domini Xristi Vicarius, Dante Xristi Vertagus).

L’interpretazione in età fascista

13)                      Ma ecco il particolare di cui parlava a noi studenti il mio vecchio professore di liceo. Diceva che in epoca fascista circolava un’interpretazione secondo cui il veltro profetizzato da Dante era Mussolini stesso, il Duce. Nel numero cinquecento diece e cinque bastava spostare il cinque prima del dieci ed ecco che l’acronimo diventava D V X, cioè duce. Quanto al veltro, si dice che “sua nazion sarà tra feltro e feltro”, cioè tra Feltre, in Veneto, e il  Montefeltro, nella Marca alta, dunque in Romagna, che è appunto il luogo di nascita di Mussolini. Del resto si dice anche che tale personaggio “dell’umile Italia fia salute”, cioè sarà di salvezza, sarà il salvatore dell’Italia, e questo, secondo tale interpretazione, si attagliava perfettamente al duce del fascismo.

14)                      Naturalmente si tratta di una interpretazione risibile e certo non è credibile che l’ex ministro Sangiuliano ritenga Dante il fondatore del pensiero di destra in quanto autore di una profezia che avrebbe varcato i secoli per realizzarsi nel modo suddetto. Sono invece credibili altre motivazioni che possono indurre ad associare alla destra il pensiero di Dante.



[1] Una specie di lince, simile alla pantera o al leopardo.

[2] Nell’epistola a Cangrande dice che la Commedia è stata concepita “non gratia speculativi negotii, sed gratia operis” (non per la speculazione, ma per l’azione) .

Nessun commento:

Posta un commento