martedì 29 aprile 2025

ASPETTI CONTROVERSI DELLA DIVINA COMMEDIA (I parte)

 

L’incipit della Commedia: lo smarrimento nella “selva oscura”

1)    Tutti conosciamo l’incipit della Commedia, conosciamo la prima terzina. Ma forse non ci chiediamo perché “la diritta via era smarrita”, di quali peccati si sentiva colpevole Dante, peccati per i quali dice di trovarsi in “una selva oscura”, “una selva selvaggia e aspra e forte” che al solo pensarci “rinova la paura”.

Lo smarrimento come traviamento spirituale (la “donna gentile”)

2)    Non c’è dubbio che qui ci sia un riferimento autobiografico al traviamento spirituale seguito alla morte di Beatrice. Secondo una interpretazione, il traviamento di Dante sarebbe riconducibile alla sua passione per la filosofia, identificata allegoricamente con la cosiddetta donna gentile”. Chi è questa “donna gentile”? E’ colei di cui nella Vita nova Dante dice che era “giovane e bella molto”, aveva avuto compassione per la sua sofferenza e lo aveva consolato con il suo amore dopo la morte di Beatrice. Dunque si tratterebbe, da parte di Dante, di un vero e proprio innamoramento che poi viene in qualche modo nobilitato con l’identificazione donna gentile-filosofia.  

3)    Qui si rende necessario un inciso. Sono diverse le donne che compaiono nell’opera letteraria di Dante, oltre alla “donna gentile”, le due donne “dello schermo” nella Vita nova, e altre donne cui si fa riferimento nelle Rime (una “donna petra” e una “pargoletta”). Sono donne reali, come reale è Beatrice, donne realmente amate da Dante, il quale poi nella rielaborazione dei ricordi ha attribuito loro dei significati allegorici. Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante dice che il suo amore per Beatrice fu “onestissimo” “né mai apparve alcun libidinoso appetito”. Tuttavia, parlando del carattere di Dante, aggiunge, scusandosi di macchiare la sua fama citando una suo difetto:

Tra cotanta virtù, cotanta scienzia, quanto dimostrato è (di sopra) essere stata in questo mirifico poeta, trovò ampissimo luogo la lussuria, e non solamente ne’ giovani anni, ma ancora ne’ maturi.

4)    Dunque è da credere che la vicenda che ha per protagonista la “donna gentile”, sia una vicenda autobiografica per Dante. E la stessa “donna gentile” è poi ricordata nel Convivio, dove è esplicitamente identificata con la filosofia, cioè con la scienza umana, mentre Beatrice era identificabile con la teologia, ovvero la scienza divina. Quindi l’amore per la “donna gentile”, cosiccome la passione per la filosofia, appaiono come un tradimento di Beatrice, un tradimento che nasce – è da credere – sul piano dell’amore per la persona, ma che poi viene trasferito sul piano dei significati allegorici. E infatti già nella Vita nova (XXXIX) Dante ha una visione di Beatrice e tanto gli basta per rimproverare a se stesso il “malvagio desiderio” che occupa la sua mente per la “donna gentile”.

Il rimprovero di Beatrice nell’Eden e il senso del viaggio

5)    E di tale “malvagio desiderio” Beatrice in persona lo rimprovererà duramente nel loro incontro nel Paradiso terrestre, in cima alla montagna del Purgatorio. Gli dice esplicitamente: tu mi hai tradito, ti sei concesso “altrui”, hai mosso i tuoi passi “per via non vera / immagini di ben seguendo false (Pg. XXX, 121-145). E Dante piangendo ammette la sua colpa.

6)    Dunque, se si accetta questa interpretazione, il viaggio oltremondano di Dante non sarebbe altro che un ritorno a Beatrice, ovvero un riconoscimento dei limiti della filosofia separata dalla fede, un riconoscimento che oltre le capacità di conoscenza della ragione umana c’è una verità rivelata, una verità di fede, altrimenti – come dice Virgilio in un passo del Purgatorio – “mestier non era parturir Maria”, cioè non sarebbe stato necessario che Cristo nascesse, non ci sarebbe stato bisogno che la verità fosse rivelata.

Il senso del rimprovero di Beatrice

7)    Ed è questo che Beatrice sembra rimproverare a Dante quando scende dal cielo e lo incontra in cima alla montagna del Purgatorio; Dante le chiede (Pg. XXXIII, 82-90):

Ma perché tanto sovra mia veduta

vostra parola disïata vola,

che più la perde quanto più s’aiuta?".

 

E cioè, perché le tue parole sono così difficilmente comprensibili per me, per quanto mi sforzi di capire? E Beatrice risponde:

"Perché conoschi", disse, "quella scuola (la filosofia)

c’ hai seguitata, e veggi sua dottrina

come può seguitar la mia parola;

 

e veggi vostra via da la divina

distar cotanto, quanto si discorda

da terra il ciel che più alto festina" (il primo mobile)

 

Dunque Beatrice lo accusa esplicitamente di avere confidato esclusivamente nella scienza umana e quindi, secondo questa interpretazione, sarebbe per questo peccato puramente intellettuale che Dante si è smarrito nella “selva oscura”.

Lo smarrimento come traviamento morale (Forese Donati)

9)    Ma esiste anche un’altra interpretazione, per me più convincente, che associa lo smarrimento nella “selva oscura” non tanto (o non solo) a un traviamento intellettuale quanto (e soprattutto) a un traviamento morale. Un traviamento probabilmente riconducibile a quel periodo di vita dissoluta, peccaminosa, coincidente con il periodo di amicizia con Forese Donati.

10)                      Chi era Forese Donati? Può sembrare strana questa amicizia, visto che Forese era un Donati, ovvero apparteneva alla famiglia più importante della fazione dei guelfi Neri, mentre Dante era vicino alla fazione dei guelfi Bianchi; e il fratello di Forese, Corso Donati era nientemeno che il capo indiscusso di detta fazione e pertanto detestato da Dante in quanto fra gli autori del colpo di Stato con cui nel 1301 i Neri si erano impadroniti del potere a Firenze e avevano scatenato le persecuzioni contro i Bianchi, persecuzioni di cui anche Dante fu vittima con la condanna, prima all’esilio e successivamente al rogo.

Corso e Piccarda

11)                      Ma sarà lo stesso Forese, incontrato da Dante in Purgatorio, a profetizzare per Corso – che nel 1300, anno del viaggio ultraterreno di Dante, era ancora vivo – la dannazione all’inferno, dove sarebbe stato trascinato alla coda di un cavallo. Forese aveva anche una sorella, Piccarda Donati, che Dante incontrerà in Paradiso, nel cielo della Luna, dove si trovano le anime di coloro che, pur contro la loro volontà, vennero meno ai voti. Piccarda infatti era monaca di Santa Chiara, ma il fratello Corso con un gruppo di facinorosi l’aveva rapita dal convento e costretta a un matrimonio di interesse politico con un certo Rossellino della Tosa.   

L’amicizia con Forese: la “tenzone”

12)                      Ma l’amicizia fra Dante e Forese può sembrare strana anche per un’altra ragione, una ragione di cui abbiamo testimonianza letteraria nella cosiddetta “tenzone con Forese”, ovvero in quello scambio di sonetti in cui i due si rinfacciano accuse e si lanciano invettive con un linguaggio decisamente plebeo (per la precisione Forese accusa Dante di praticare l’usura e Dante di ricambio lo accusa di non soddisfare sessualmente la propria moglie). Ma che amicizia era – ci si potrebbe chiedere – se si scambiavano accuse ed invettive reciproche? In realtà si trattava di una sorta di sperimentazione linguistica, per cui poeti, come Dante ma come anche Cavalcanti, capaci di trattare argomenti di alto livello con lo stile sublime, si cimentavano anche su questioni realistiche della quotidianità, usando un registro linguistico di basso livello, il cosiddetto stile comico-burlesco o comico-realistico.

13)                      Di fatto della sincera amicizia fra Dante e Forese abbiamo testimonianza diretta da parte dello stesso Dante nella Commedia, e precisamente nell’episodio dell’incontro cordiale e molto affettuoso fra i due che si svolge in Purgatorio, nella cornice dei golosi (XXIII) dove è collocato Forese (e dove Dante sembra fare ammenda di ciò che aveva scritto nella “tenzone”, mettendo in bocca a Forese parole di grande elogio nei confronti della propria moglie Nella, lei sola onesta e fedele in mezzo alle donne scostumate di Firenze) .

Non peccati “intellettuali”, ma peccati “materiali”

14)                      Allora torniamo allo smarrimento di Dante nella selva oscura da cui siamo partiti. Che tale smarrimento coincida con la vita peccaminosa condotta in anni giovanili in compagnia dell’amico – e qui si tratterebbe non certo di peccati intellettuali, ma di peccati di incontinenza, peccati della carne, quali ad esempio la gola e la lussuria – sembra dimostrato dalle parole che Dante rivolge allo stesso Forese in occasione appunto dell’incontro in Purgatorio. Forese vuole sapere come mai Dante possa trovarsi lì pur essendo vivo. E Dante gli risponde così (Pg. XXIII, 115-121) :

Per ch’io a lui: "Se tu riduci a mente

      qual fosti meco, e qual io teco fui,

      ancor fia grave il memorar presente.

 

Di quella vita mi volse costui

che mi va innanzi, l’altr’ier, quando tonda

vi si mostrò la suora di colui",

 

e ’l sol mostrai;

 

Di quella vita mi volse costui / che mi va innanzi” sembra decisamente avallare questa interpretazione, perché è stato proprio Virgilio a condurre Dante fuori dalla selva oscura, che dunque qui è identificata con “quella vita” condotta insieme a Forese.

15)                      Ma forse ha ragione chi associa i due aspetti, per cui con lo smarrimento nella selva oscura Dante avrebbe voluto indicare il proprio traviamento dopo la morte di Beatrice, sia dal punto di vista intellettuale che da quello morale, probabilmente intendendo l’uno come conseguenza dell’altro.

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